Jenny Hval è sicuramente cambiata. Non è mai stata ferma da quando, ancora ventenne, già la si apprezzava enormemente dal pulpito Rune Grammofon. Verrebbe da fare, con questo vampiresco Blood Bitch, un paragone cinematografico non lontano dalla sua nativa Norvegia. Spostandoci in Svezia, per un solo istante, per ricordare un film magnifico e delicatissimo: “Lasciami entrare”. Ecco: la protagonista di quella splendida pellicola, una bambina, non poteva violare la soglia di un’abitazione se non le veniva concesso il permesso, appunto, di entrare.
Così a questa nuova versione di Jenny, forse comprensibilmente indigesta per alcuni aficionados di lunga data, bisognerebbe semplicemente dare via libera: accoglierla oppure – più propriamente, in questo caso – succhiarla con cautela. Perché sì: è certo che, nei suoi momenti migliori, l’avant pop siglato dalla cantautrice faccia breccia come un blitzkireg, ma non si possono nascondere alcuni episodi interlocutori o addirittura, scriviamolo apertamente, boriosamente noiosi.
Con l’azzeccatissimo opening Ritual Awakening si approda subito alle atmosfere dell’opera, la cui rarefazione diminuisce con la più agevole forma-canzone di Female Vampire: un singolone o meglio il singolone del lotto. Se le pulsazioni ansimanti di In The Red paiono tutt’altro che innecessarie è per merito dell’incantevole Conceptual Romance, la traccia indubbiamente migliore tra le dieci, non a caso selezionata per il lancio della release. Con le parole dell’artefice: ”Potrebbe dare un senso all’impermanenza, al fallimento e all’arte ignorata, ma potrebbe anche dare un senso all’eterno. Un piano terra dell’eterno. Una canzone d’amore per un vampiro intrappolato in un’oscillazione autoerotica. Oppure, forse, semplicemente me stessa”.
Il confessionale telefonico (con inserto filmico da Adam Curtis) di Untamed Region non sembra nulla di trascendentale, anche se l’avvio prettamente giocoso dell’ottima The Great Undressing prova a riqualificarlo col solito pop liquido e… petaloso (sì, esiste: utilizziamo il termine). Eccezion fatta per il colpo di coda Secret Touch, il finale di “Blood Bitch” si perde probabilmente nei meandri della sua stessa, vincolante oscurità dichiarando, purtroppo, un pizzico meno di quanto auspicato.
Più che una non-morta, comunque, Jenny Hval è vivissima e lotta insieme a noi. Non sarà, di questi mostruosi dodici mesi a partire da gennaio, un highlight da marchiare come irrinunciabile, ma resta pur sempre un prelibatissimo collo da mordere, una creatura alla quale aprire comunque la porta e dire, senza riserve: puoi entrare.
(2016, Sacred Bones)
01 Ritual Awakening
02 Female Vampire
03 In The Red
04 Conceptual Romance
05 Untamed Region
06 The Great Undressing
07 Period Piece
08 The Plague
09 Secret Touch
10 Lorna
IN BREVE: 3,5/5