Una delle più inossidabili regole non scritte della storia del rock dice che una band, un artista, ha tempo tre album per arrivare dove vorrebbe arrivare: uno per farsi conoscere, un altro per confermarsi e l’altro ancora per fare il botto. Joan Wasser, al secolo Joan As Police Woman, in quest’inizio 2011 completa il quadro: se “Real Life” (2006) aveva contribuito a lanciarne l’immagine da solista dopo la moltitudine di collaborazioni di lusso cui aveva dato vita in passato, e se “To Forgive” (2008) aveva fatto capire che non si trattava affatto di un fuoco di paglia, questo The Deep Field non può che rappresentare la definitiva cassa di risonanza per quella che, oramai, può essere considerata una delle più dotate songwriter del panorama mondiale. La sicurezza dei propri mezzi con cui la Wasser si presenta, la positiva spavalderia che sta dietro “The Deep Field”, sono gli aspetti più sorprendenti dell’intero lavoro. Dieci tracce (ben dodici nella versione in vinile), per un totale di quasi un’ora di musica, fanno la media di oltre cinque minuti e mezzo per ciascun brano, davvero un’enormità. Ma la cosa ancor più sorprendente è che, nonostante l’elevato minutaggio, l’album fila via liscio che è un piacere, non un intoppo che sia uno, non un secondo di noia, non una volta in cui ci si fermi a pensare che magari alcune divagazioni potevano essere limate. Il che è il punto nodale nell’analisi di tutto l’lp, perché dal punto di vista strettamente musicale “The Deep Field” è un lavoro complesso, ricco di sfumature e con un respiro ampio. Si va dalle intimistiche nenie Flash e Forever And A Year al soul bianco della stupenda Chemmie, passando per il groove r’n’b di Human Condition e Kiss The Specifics o il funky frizzante del singolo The Magic. Filo conduttore la voce di Joan, che in questo episodio della sua discografia può essere definita solo ed esclusivamente perfetta: un po’ Tracy Chapman, un po’ Joni Mitchell, strizza l’occhio alle reginette mulatte delle classifiche statunitensi prendendone il meglio, così come paga pegno alle intonazioni dei grandi maestri del soul (un nome? Al Green). A conti fatti, nonostante l’annata sia appena cominciata, “The Deep Field” si candida già prepotentemente come una delle migliori uscite del 2011, e parlare di definitiva consacrazione, adesso, non è più fuori luogo per questa splendida quarantenne.
(2011, Pias)
01 Nervous
02 The Magic
03 The Action Man
04 Flash
05 Run For Love
06 Human Condition
07 Kiss The Specifics
08 Chemmie
09 Forever And A Year
10 I Was Everyone
A cura di Emanuele Brunetto