Ci sono artisti che, nonostante ci provino e riprovino a oltranza per anni, lustri, decenni, non riescono proprio a ripulirsi dalla coltre di eredità pesanti come la pietra lavica. John Garcia, ad esempio, si porta sul groppone da sempre un nome mitologico come quello dei Kyuss, di cui è stato voce e portavoce finché la band non ha tirato le cuoia, prosciugata dallo stesso sole californiano che gli aveva dato vita.
Da quel momento in poi c’ha tentato a più riprese a rifarsi sotto con gli Unida, gli Hermano, i Vista Chino e più recentemente anche da solista, accompagnato a turno da altri musicisti che in un modo o nell’altro avevano avuto contatti con la sfera Kyuss. Ma, al contrario dell’ex compagno Josh Homme, Garcia non è mai riuscito a divincolarsi da quella palude fatta di sabbia del deserto e acido lisergico, intrappolato in schemi tanto consolidati quanto a lungo andare prevedibili.
John Garcia And The Band Of Gold è il terzo capitolo firmato a proprio nome e ancora una volta ci troviamo di fronte a bordate stoner/psych di cui non occorre controllare i documenti per comprenderne la paternità. Ma rispetto agli altri due lavori della sua ultima incarnazione, l’omonimo del 2014 e “The Coyote Who Spoke In Tongues” del 2017, il John Garcia di quest’inizio 2019 appare decisamente più in forma, graniticamente ancorato alle sue certezze ma più propenso ad assecondarle anziché dargli battaglia (vedi le reinterpretazioni del disco del 2017).
Tra la strumentale Space Vato che apre la tracklist e la conclusiva sabbathianamente dilatata Softer Side, le cose migliori Garcia e la sua band le mettono in piedi picchiando duro, come nella tripletta composta da Kentucky II, My Everything e Lillianna, in cui chitarre davvero possenti sorreggono una voce segnata dal passare del tempo ma ancora in grado di tenere botta.
La minestra è chiaramente sempre la stessa, riscaldata ormai così tante volte da far venire qualche legittimo dubbio sulla possibilità che possa essere andata a male, ma bastano un paio di cucchiaiate per rendersi conto che il gusto è ancora piuttosto saporito, circostanza che in tempi di magra – in quanto a sporcizia e grezzume – come questi che stiamo attraversando sa tanto di soldato giapponese cui nessuno ha fatto sapere che la guerra è finita: baluardo.
(2019, Napalm)
01 Space Vato
02 Jim’s Whiskers
03 Chicken Delight
04 Kentucky II
05 My Everything
06 Lillianna
07 Popcorn (Hit Me When You Can)
08 Apache Juncion
09 Don’t Even Think About It
10 Cheyletiella
11 Softer Side
IN BREVE: 3/5