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Johnny Marr – The Messenger

Non può certo dirsi che Johnny Marr sia stato lì fermo a godersi le royalties da quando, nel 1987, i quattro Smiths posero fine alla propria parabola artistica congiunta. Di fieno in cascina ne ha messo parecchio anche dopo, con altre band, partecipazioni e via dicendo. Ma un disco a nome “Johnny Marr” mancava ancora, al contrario di quello Smiths canterino col ciuffo che già all’indomani dello scioglimento della band s’era avventurato in solitario. The Messenger, così, è un po’ quell’esordio in cui tanti fan degli Smiths speravano, un po’ quell’esordio che tanti altri fan degli Smiths temevano.

Perchè, da che pop è pop, difficilmente il “second man” di una band di culto riesce ad imporsi anche da solista. Ma Johnny ha dalla sua quella tecnica chitarristica sopraffina e riconoscibilissima, s’è mantenuto bene nel corso degli anni e quindi un’occasione se l’è meritata sul campo. Il risultato, però, non convince appieno, nonostante – bisogna ammetterlo – cadute di stile in “The Messenger” non ce ne siano. Ma da qui a ritenerlo un esordio “importante” come meriterebbe la firma che porta ne passa. Cosa manca a questo lavoro? Manca uno spunto significativo, uno di quelli che cambiano il volto a un album anche se presenti solo in qualche traccia. Marr si limita al compitino senza mai osare: brani come il singolo Upstarts, la title track, Say Demesne o New Town Velocity sono marchiati indelebilmente dal tocco del chitarrista, che non si discosta neanche un po’ da un canovaccio che a inizio anni ’80 ha contribuito a gettare le basi per il brit pop dei ’90, ma che adesso non aggiunge proprio nulla.

Fatte salve Lockdown e Generate! Generate!, che hanno una verve più ficcante rispetto al resto, l’album scorre via senza procurare particolari sussulti, anche perchè la prova vocale di Marr non rientra di certo fra quelle indimenticabili. Spesso, troppo spesso, le parole del chitarrista si nascondono dietro la sei corde: scelta precisa, immaginiamo, ma che unita a brani non epocali e a una voce che non può e non deve essere il punto di forza, crea uno strano effetto di scollamento. Insomma, noi continuiamo a preferirlo quando nel comporre s’affianca ad altri artisti.

(2013, Warner)

01 The Right Thing Right
02 I Want The Heartbeat
03 European Me
04 Upstarts
05 Lockdown
06 The Messenger
07 Generate! Generate!
08 Say Demesne
09 Sun & Moon
10 The Crack Up
11 New Town Velocity
12 Word Starts Attack

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