Quando parte la coda strumentale di Nel mio armadio, si capisce che c’è qualcosa di diverso nei Joujoux D’Antan. Il basso ligneo, i piatti inferociti, le chitarre fuori dal senno – che arrivano alla fine di un brano elastico frustato dal falsetto androgino di Marco Tonicelli – vogliono dire coraggio da vendere e mettersi di fronte a uno specchio e piacersi. E difatti dice questo di sé Mi Voglio Bene Come Un Figlio o più semplicemente M.V.B.C.U.F. – debut album per il progetto bresciano. Dice che i D’Antan si fidano delle proprie capacità e del lustro datogli in dote dalla collaborazione con Sean Lennon. Sì proprio lui, il figlio di John e Yoko Ono, che prese i Joujoux (ragione sociale da attribuire ai soli Marco Tonicelli e Pietro Leali) e li portò in tour con lui dopo averli sentiti su MySpace. Ed in effetti c’è qualcosa in loro che rapisce subito, immediatamente, ad un primo ascolto. La pioggia di strumenti intanto: pianoforte, violino, viola, violoncello, ukulele, tromba, balaphon, timpani, contrabbasso, mellotron. Poi quella voce, quel falsetto davvero straordinario di Marco Tonicelli. Corde vocali che graffiano lo stomaco, che trapano dentro. Che si sposano alla perfezione con l’inquietudine dell’immagine in copertina: una bambola dagli occhi vuoti, spenti. Ma anche con quelle del booklet: una culla vecchio stile, un gatto in gabbia, un coniglio, dei pezzi di manichini. Le canzoni dei Joujoux D’Antan sono bellissimi incubi. Sono immaginazioni oniriche ghiacciate dal freddo. Come in Plenilunio dove la poesia prende la scena alle dissonanze che popolano tutto il materiale sonoro. “Al plenilunio – canta Tonicelli – diventi polvere, e poi la notte, il suo respiro, un respiro nuovo, tu e la sabbia, soffiati via, tu e la sabbia, volati via”. O come in Crono quando l’ingresso di una banda arriva a commentare il delirio dei Joujoux sul tempo: “Progeria, portaci via. Apeirofobia, prendi la mia. Abbiamo sempre fretta, ma nessuno che ci aspetta e non succede niente”. E sì, forse sì, la tracklist diventa nel suo insieme un faticoso brodo da mandar giù. Ma i singoli sorsi, signori miei, si fanno gustare in pieno.
(2009, Kandinsky)
01 Nel mio armadio
02 Flemma
03 Il Filantropo
04 Yom Kippur
05 Patafione
06 Plenilunio
07 Crono
08 Sul senza fondo
09 Polline
10 Una Gora
A cura di Riccardo Marra