Partiti col botto con un esordio, “Silent Alarm” del 2005, che li aveva resi una delle formazioni nuove più interessanti degli anni Zero, i Bloc Party si sono persi col tempo in album decisamente mediocri. A risentirne più degli altri è stato il frontman Kele Okereke, che c’ha messo un po’ per inquadrare nuovamente la band (non riuscendoci) e, soprattutto, per capire quale strada imboccare da solista.
Rispetto ai suoi primi due lavori, “The Boxer” (2010) e “Trick” (2014), in questo Fatherland il musicista di origini nigeriane lascia completamente le dimensioni dub ed elettronica per calarsi nei panni del songwriter old style, corde pizzicate, voce spesso sussurrata e riferimenti indubbiamente classici. Un folk restaurato, il suo, che a primo acchito sorprende vista la firma che porta, ma che a lungo andare mostra inevitabili segni di cedimento nella struttura stessa dei brani, che mancano di una personalità riconoscibile.
Si va da momenti in cui è l’acustica la vera protagonista, come in Streets Been Talkin’ o Versions Of Us (aiutata dal featuring Corinne Bailey Rae), ad altri in cui spunta persino un’indole jazzata come Capers e Grounds For Resentment (qui invece c’è la comparsata di Olly Alexander degli Years & Years), ma sempre all’insegna di suoni molto puliti che danno alla tracklist un’evitabile passata di cera.
Il risultato sono tredici tracce convenzionali che riabilitano un po’ una carriera in difficoltà come quella di Okereke, sebbene siamo certi che nessuna di esse verrà ricordata come un imprescindibile tassello di questo 2017 discografico. Un discreto punto di ripartenza per Kele, ma per un rilancio in grande stile servirebbe dell’altro. Molto altro.
(2017, BMG)
01 Overture
02 Streets Been Talkin’
03 You Keep On Whispering His Name
04 Capers
05 Grounds For Resentment (feat. Olly Alexander)
06 Yemaya
07 Do U Right
08 Versions Of Us (feat. Corinne Bailey Rae)
09 Portrait
10 Road To Ibadan
11 Savannah
12 The New Year Party
13 Royal Reign
IN BREVE: 2,5/5