Era stranamente passato in sordina, il quarto disco degli ottimi Kill The Vultures. Almeno in Italia. E francamente, includendoci nel sentitissimo mea culpa, non si riesce a capire il perché. Di acqua sotto ai ponti ne è passata, dall’omonimo – fulminante – debutto del 2005. È mutato il suono, è cambiata la formazione (da quattro a due soli elementi), ma il gruppo di Minneapolis continua a dettare legge nel vivacissimo mondo del rap globale.
Carnelian, lo diciamo subito, è forse il miglior lavoro dei Nostri dopo il già decantato esordio. I fiati taglienti di Shake Your Bones sono una boccata d’ossigeno immediata, un marchio di fabbrica ormai riconoscibilissimo: flow in assetto bellico e basi avant-jazz al cianuro. Si tratti di “cavalcate” (d’obbligo le virgolette) come Broke o Vandal, si tratti di pezzi para-minimal come God’s Jewelry, i KTV confermano, brano dopo brano, di essere realmente tra i pochi eredi dei capostipiti cLOUDDEAD e Dälek: una lezione raccolta e portata avanti con attitudine quasi filologica. Impossibile non rimanere folgorati dall’incredibile melting pot di Coins On The Open Eyes, dalla cattiveria moderatamente jarrettiana della splendida Simmer, dal tripudio di fiati di Don’t Take The Devil Out. Con pianoforte, archi, ottoni, incursioni elettroniche e percussioni varie sotto il loro dispotico comando, Anatomy e Crescent Moon siglano un’opera tosta e rifinita come poche sulla piazza.
Se il prefinale Crown è una claustrofobica summa lievemente old school, il groove di Amnesia è esattamente la bomba H conclusiva che ci si aspetta dalle prime sillabe: una traccia che si scioglie, si dissolve, si liquefa nella pozzanghera di se stessa mentre il refrain continua a martellare le orecchie (”Amnesia, now you’re a believer / But the drugs won’t save you and the church won’t either / Amnesia, now you a believer / Hands up, face down, you know the procedure”).
C’è tempo anche per una ghost track, nell’architettura squisitamente scientifica di “Carnelian”. Un album difficile da ignorare, duro da assimilare, facile da intercettare come punto esclamativo dell’ormai trascorso 2015. Se anche voi, come noi, ve l’eravate perso: vale la pena fare un piccolo dietrofront.
(2015, Totally Gross National Product)
01 Shake Your Bones
02 Topsoil
03 Broke
04 The River
05 Vandal
06 God’s Jewelry
07 Coins On The Open Eyes
08 Smoke In The Temple
09 Simmer
10 Don’t Bring The Devil Out
11 Crown
12 Amnesia
IN BREVE: 3,5/5