Perché farci rappresentare nel mondo da gruppi come i Necrodeath, gli Ephel Duat o i Forgotten Tomb, quando possiamo vantare un vessillo come i Lacuna Coil? Già, perché? Era il 2002 quando, in una compilation omaggio di una rivista musicale, trovavamo il brano “Angel’s Punishment” (contenuto in “Comalies”). La canzone non ci fece certo impazzire eppure, probabilmente a causa delle speranze che ancora nutrivamo, data la giovane età, c’era un qualcosa in quel brano che lasciava pensare a un atomo di buone potenzialità. Niente di unico, nessuna peculiarità, solo qualche sonorità strana, distorta, tipica del gothic metal. Sono passati dieci anni da allora, i Lacuna Coil nel frattempo hanno pubblicato altri album, cambiato la maniera di comporre, modificato le atmosfere e abbandonato l’Italia, sollevando così la vexata quaestio del “nessuno è profeta in patria” (per ricollegarci alla domanda iniziale). Per questo Dark Adrenaline hanno colto l’opportunità di avere come produttore un certo Don Gilmore (Linkin Park, Avril Lavigne, Bullet For My Valentine, Good Charlotte) e si sente. O tempora!, o mores! Siamo sicuri che dieci anni fa qualcun altro abbia pronunciato queste parole riferendosi al neonato movimento nu-metal coi suoi Linkin Park, Deftones, Slipknot et similia. Eppure molti adolescenti hanno approcciato questo mondo invitati dalle atmosfere poco convenzionali, ibride e decisamente malate proposte da questi gruppi (per la cronaca, non avevano impressionato neanche dieci/dodici anni fa). Adesso tocca a noi urlare allo scandalo: avremmo potuto liquidare la questione dopo i primi 60 secondi della opening track (Trip The Darkness) con la parola “wannabe”, ma è meglio fare le cose per bene: i testi sono piuttosto banali, giocati sulle solite parole che attirano i ragazzini (dark, light, hate, lies, shame, svariati no/can’t/don’t) adatti per diventare citazioni da “aggiornamento di status su Facebook” (in un’intervista hanno dichiarato che Don Gilmore li ha aiutati con l’inglese, però sappiamo bene che il problema qui è il contenuto – una su tutte, la contraddizione in Kill The Light: “Hold me / Teach me / Tell me what to do / But I’m not looking for a guide”); la Scabbia prova davvero a cantare, tenta di avvicinarsi alla maestosa Anneke van Giersbergen (ascoltate “Saturnine” dei The Gathering), risultando fastidiosa quasi quanto una Sharon de Adel (ascoltate una qualsiasi canzone dei Within Temptation) e stonata ed effettata tanto quanto Amy Lee (Evanescence); stavolta si sono ricordati di avere anche un vocalist e hanno deciso che era ora di metterlo un minimo in risalto. Il risultato è che arrivati alla sesta traccia (End Of Time) scopriamo di essere solo a metà del disco e viene spontanea la domanda “perché non è ancora finito?”. Eppure no, non è ancora finito perché alla decima traccia senti una melodia che ricorda qualcosa, una combinazione di parole che risulta familiare. I nostri beniamini non hanno resistito alla tentazione e sono caduti di nuovo nella spirale della cover. Non paghi, non contenti di aver cercato consensi nel 2006 con la conosciutissima “Enjoy The Silence”, questa volta puntano a rovinare un’altra gloriosa e immortale composizione: Losing My Religion. Lasciando da parte ogni tipo di pregiudizio e ignorando i gusti personali, c’è da dire che l’album è effettivamente prodotto ad hoc per vendere: le canzoni sono composte appositamente per essere orecchiabili, le chitarre ritmate e la batteria sono state dosate perché gli adolescenti possano caricarsi a dovere. Probabilmente per qualche quindicenne che si affaccia adesso a questo tipo di mercato “Dark Adrenaline” diventerà l’album più ascoltato (talmente ascoltato da rovinare il cd), l’album dello sdoganamento personale, quello che lo renderà diverso dagli altri. Niente abiti scuri o capelli lunghi però, non ancora almeno.
(2012, Century Media)
01 Trip The Darkness
02 Against You
03 Kill The Light
04 Give Me Something More
05 Upsidedown
06 End Of Time
07 I Don’t Believe In Tomorrow
08 Intoxicated
09 The Army Inside
10 Loosing My Religion
11 Fire
12 My Spirit
A cura di Giovanna Castano