“È strano vedere dissolversi la facciata delle nostre vite quotidiane, lasciando solo l’essenziale; le persone che amiamo e la nostra preoccupazione per loro. Un album, spogliato di tutto ciò che la modernità e la proprietà implicano, è essenzialmente una parte di me – e vorrei che la aveste. Vorrei, ad esempio, che ascoltaste una strana storia sulla frammentaria, assurda esperienza del trauma e la ricerca continua di comprendere cosa significhi essere una donna in questa società”. Con queste parole, Laura Marling anticipa l’uscita di Song For Our Daughter, inizialmente prevista per fine estate. Un magnifico presente.
Il settimo album in studio della cantautrice inglese è anche, probabilmente, la sua prova migliore. Giunta, non a caso, in quel momento fondamentale che è il passaggio dai venti ai trent’anni. Il concept proposto è quello di un disco dedicato a una figlia non ancora avuta, anche se piuttosto – come peraltro ben enunciato dall’artista – si rivolge forse alle donne in difficoltà, sottotraccia o meno, all’interno di un tessuto sociale ancora preoccupantemente maschilista.
L’opera si divide in due parti. Una prima, energica, che si esaurisce nel trittico iniziale Alexandra / Held Down / Strange Girl, in assoluto il brano più vispo del lotto, che vira un po’ inaspettatamente sull’amara Only The Strong. Ora: i nomi ai quali la straordinaria carriera della Nostra è stata paragonata sono sempre stati gli stessi, e sempre lusinghieri. Ma mai come in questo caso si sente vivo lo spirito di Joni Mitchell, Suzanne Vega, Rickie Lee Jones – diremmo con un anglicismo – at their best.
Testi duri più arrangiamenti dolcissimi e votati al risparmio – o meglio: a non disperdere alcuna energia – sono la caratteristica di canzoni meravigliose come Blow By Blow, The End Of The Affair o la finale, imprescindibile For You, che chiosa all’insegna di una certa sacralità à la Leonard Cohen piacevolmente contaminata da un intermezzo à la Bob Dylan.
Laura Marling non è mai stata una meteora, mai una bimba prodigio da “live fast, die young”. È sempre suonata come un classico destinato a resistere, specialmente in tempi di stornellacci nati su Instagram e instant books. Dalla merda citata nei versi della title track (“Lately I’ve been thinking about our daughter growing old / All of the bullshit that she might be told”), insomma, ha ormai fatto abbastanza strada da potersi autosottrarre senza alcuna remora. E qualora, difficile, anche ne avesse una sola: la critica esiste per questo motivo, tra gli altri.
(2020, Partisan / Crysalis)
01 Alexandra
02 Held Down
03 Strange Girl
04 Only The Strong
05 Blow By Blow
06 Song For Our Daughter
07 Fortune
08 The End Of The Affair
09 Hope We Meet Again
10 For You
IN BREVE: 4/5