Rispetto al secolo scorso, quando molto spesso la vena creativa si esauriva solo dopo una manciata di album, il problema principale di tantissime band nate nel nuovo millennio sta essenzialmente nel riuscire a bissare il successo subito dopo averlo raggiunto, riciclandosi, aggiungendo qualcosa alla propria proposta senza perdere i tratti salienti che avevano decretato quel successo.
I californiani Local Natives, reduci dalla crescita esponenziale (compositiva, ma anche di pubblico) avvenuta col passaggio dall’esordio “Gorilla Manor” (2009) all’acclamato “Hummingbird” (2013), si ripresentano a tre anni di distanza da quest’ultimo con un lavoro che va in una direzione a dir poco abusata fra quanti sentono la necessità di sperimentare qualcosa: stiamo parlando dell’uso dell’elettronica. Sunlit Youth è un disco che senza mezzi termini sostituisce gran parte dell’afflato emozionale dei Local Natives con inserti sintetici che ne raffreddano notevolmente il sangue.
Per capire da quale lato penda l’ago della bilancia è sufficiente iniziare l’ascolto così come proposto dalla stessa band, ovvero da Villainy, che posta in apertura chiarisce come di quei languori chitarristici che in “Hummingbird” facevano il buono e il buonissimo tempo qui non ne troveremo pressoché traccia. Le conferme arrivano proseguendo poco a poco nella tracklist, con Past Lives, Dark Days (che vanta il featuring di Nine Persson dei Cardigans) e via discorrendo fino ai beat fumosi di Jellyfish che toccano scenari bristoliani, a Masters e alla conclusiva Sea Of Years che poggiano su tappeti elettronici più che presenti.
Le melodie e i climax marchio di fabbrica dei Local Natives continuano a essere presenti e Fountain Of Youth o Psycho Lovers ne sono testimonianza ma, a parte brani decisamente più “classici” come Coins e Elite Alice con la sua acustica, manca pressoché del tutto l’impatto del lavoro precedente, quelle stoccate espressioniste che avevano fatto innamorare della band.
“Sunlit Youth” è un album ben costruito, apprezzabile per il tentativo dei Local Natives di svincolarsi dal rischio della ripetitività, ma resta fin troppo ingessato in strati d’elettronica che la band non sembra saper maneggiare come sarebbe necessario per mantenere i propri standard.
(2016, Infectious / Loma Vista)
01 Villainy
02 Past Lives
03 Dark Days
04 Fountain Of Youth
05 Masters
06 Jellyfish
07 Coins
08 Mother Emanuel
09 Elite Alice
10 Psycho Lovers
11 Everything All At Once
12 Sea Of Years
IN BREVE: 3/5