Compito non da poco, quello dei Loma Prieta. Non deludere critica e followers dopo un album entrato con prepotenza nell’olimpo screamo/post-hc del nuovo secolo, “I.V.”, ormai ben tre anni or sono. Varcata dunque la soglia della quinta firma su LP con l’attesissimo Self Portrait, la band di base a San Francisco può ben dire, e a gran voce, di aver portato a termine la missione in maniera egregia.
L’opera ha tutte le caratteristiche che si rispettino nell’ambiente: dieci tracce, non più di trenta minuti complessivi, testi da tatuaggio sull’avambraccio, variazioni sul tema heavy tenendo sempre ritmi alti e riconoscibili. Una struttura di ferro, dunque, che vede forse in partenza i suoi veri punti di forza in sequenza – a partire dal singolo d’apertura, Love. Il trittico Black Square / Roadside Cross / Net Gain è indubbiamente il blocco più classicamente tirato del lotto, con un’eccezionale sferzata emocore proprio nel mezzo.
More Perfect e Nostalgia – che superano entrambe i quattro minuti – spaccano il disco perfettamente a metà, concedendo respiro e sancendo un piccolo cambio di direzione che si traduce, poco più tardi, in una commistione dei due momenti di cui sopra. Never Remember, Merciless e Rings tornano alla più usuale dimensione dei centoventi secondi, prima della perfetta traccia di farewell e fine concerto: la corale, catartica Satellite, coi suoi magnifici saliscendi e una coda noise da manuale.
I Loma Prieta mettono al mondo tutto meno che un clone dei loro vecchi fasti, lasciando decantare il successo quanto basta per poi dichiarare, come fa chi ha carattere, che l’identità va a braccetto col mutamento più di quanto si pensi. Il risultato è l’ennesimo lavoro di cui Deathwish può andare fiera; ben trattandosi di un ritratto, a invecchiare sarà certo quello lasciato in soffitta.
(2015, Deathwish Inc.)
01 Love
02 Black Square
03 Roadside Cross
04 Net Gain
05 More Perfect
06 Nostalgia
07 Never Remember
08 Merciless
09 Rings
10 Satellite
IN BREVE: 3,5/5