I Manchester Orchestra sono sempre stati un gruppo difficile da inquadrare e questo, almeno per quanto ci riguarda, rappresenta un importante punto a favore della formazione americana: refrattari alle mode, hanno sempre pescato a più riprese da diversi generi, con uno stile e una discografia che oscillano tra indie rock, grunge e folk, il tutto rigorosamente a stelle e strisce.
Dopo l’impetuoso “Cope” del 2013 (e la successiva riproposizione degli stessi brani in chiave più soft sull’album gemello “Hope”, pubblicato l’anno seguente) per i nostri era giunto il momento di smussare gli angoli più spigolosi, prendere un bel respiro e dare vita a un disco più introspettivo e ragionato. Arriva così l’ottimo A Black Mile To The Surface, disco in cui il songwriting brillante non manca affatto.
Ce ne accorgiamo subito ascoltando due brani clamorosi e struggenti come The Gold e Lead, SD, canzoni dove fa ancora una volta capolino il tormento tipico delle migliori composizioni di un Andy Hull che con il suo inconfondibile timbro vocale regala un ulteriore valore aggiunto. C’è però anche dell’altro, come la riappacificante The Alien (forse il miglior episodio del disco), la cupa The Wolf e la riuscita epicità della conclusiva The Silence.
Nel resto dell’album invece la band di Atlanta non centra il bersaglio grosso, ma poco importa: i Manchester Orchestra dimostrano ancora una volta di godere di ottima salute, inanellando un ulteriore tassello positivo in una carriera che si fa via via sempre più interessante.
(2017, Loma Vista)
01 The Maze
02 The Gold
03 The Moth
04 Lead, SD
05 The Alien
06 The Sunshine
07 The Grocery
08 The Wolf
09 The Mistake
10 The Parts
11 The Silence
IN BREVE: 3,5/5