Nel primo giorno del febbraio del 1995 Richard James Edwards, uno dei compositori più dotati degli anni ’90, si dissolve nel nulla lasciando dietro di se una lunga scia di punti interrogativi. Ma di tracce sulla sua tragica sorte neanche l’ombra. Nel novembre del 2008 le autorità britanniche dichiarano la presunta e probabile morte di Edwards, ad oltre tredici anni dalla scomparsa. Tredici anni in cui la sua band, i Manic Streets Preachers, non ha smesso di sfornare album ad intervalli più o meno regolari ma con risultati a dire il vero non sempre convincenti. Lo spettro di Edwards ha continuato ad aleggiare per tutto questo tempo nei brani dei Manics, con citazioni sparse e velati omaggi all’amico venuto a mancare; la notizia del novembre scorso non poteva quindi non avere ripercussioni sui lavori per la nuova creatura di James Bradfield e soci. Ma nessuno poteva aspettarsi che per questo Journal For Plague Lovers i tre superstiti dei Manics avrebbero addirittura tirato fuori scritti originali di Edwards, lasciati in “eredità” ai vecchi amici e gelosamente custoditi fino ad oggi. Sarà anche una coincidenza, ma con questa pubblicazione i Manics Street Preachers tornano a livelli che non gli appartenevano da quel “The Holy Bible” che nel 1994 aveva forse segnato il momento più alto della band gallese. Ma non è solo per l’indotta “influenza” di Edwards che “Journal For Plague Lovers” è un lavoro apprezzabile: Steve Albini alla produzione è un nome che già di suo fa un buon 50% del risultato finale. Registrato in presa diretta e per questo più sporco di quanto mai prodotto dai Manics, “Journal For Plague Lovers” ha il merito di rinverdire la memoria della band più rock del filone brit-pop. La sessione ritmica affidata come sempre al basso di Nicky Wire è incalzante e nervosa, a ricordarci come le venature punk da sempre nelle corde dei Manics non si riducono al solo impegno politico presente nei loro testi. Gran parte delle trame chitarristiche (vedi Jackie Collins Existential Question Time, la title-track, Virginia State Epileptic Colony o la ghost track Bag Lady) hanno quel tocco “anthemico” che ha contribuito ai maggiori successi della band, e non mancano quelle classiche ballads (This Joke Sport Severed, Facing Page: Top Left, Doors Closing Slowly) che lasciano comprendere il motivo per cui anni addietro i Manic Street Preachers venivano accomunati a Blur, Suede, Oasis, Kula Shaker e compagnia bella. Un lavoro, questo “Journal For Plague Lovers”, che musicalmente restituisce ai Manic Street Preachers la propria dimensione, mentre biograficamente pone la parola fine ad una lunga storia di amicizia e dolore.
(2009, Columbia)
01 Peeled Apples
02 Jackie Collins Existential Question Time
03 Me And Stephen Hawking
04 This Joke Sport Severed
05 Journal For Plague Lovers
06 She Bathed Herself In A Bath Of Bleach
07 Facing Page: Top Left
08 Marlon J.D.
09 Doors Closing Slowly
10 All Is Vanity
11 Pretension/Repulsion
12 Virginia State Epileptic Colony
13 William’s Last Words
– Bag Lady (Ghost Track)-
A cura di Emanuele Brunetto