Oramai le grandi band lo hanno capito e si prospetta, nel giro di pochi anni, l’effetto-domino che potrebbe sancire la definitiva fine dell’industria discografica per come adesso la conosciamo. Anche per i Marillion è giunto il momento di decidere da che parte stare e hanno così reso disponibile gratuitamente il loro nuovo disco Happiness Is The Road nel mondo del peer-to-peer per consentire ai fans di poterlo scambiare liberamente. Speriamo che queste mosse possano, un giorno, abbattere la concezione fastidiosa e mercantile del diritto d’autore inteso come brevetto e decreti la morte della musica intesa come prodotto commerciale da vendere in serie per riempire la panza di chi specula sull’arte. Mere utopie, è vero, ma prima o poi ogni ciclo finisce. Preambolo più o meno polemico a parte, diciamo subito che questo nuovo capitolo nella trentennale carriera della band inglese consta di due cd, opera ambiziosa che segue di un solo anno il precedente ed un po’ altalenante “Somewhere Else”. Il risultato è decisamente positivo, nonostante non si ravvisino capolavori. Nel primo tomo sono This Train Is My Life e la title-track a far la parte dei leoni, con la prima trasportata in alto da un languido e fascinoso refrain, molto semplice ed efficace; la seconda riverbera in pieno gli sviluppi liquidi del bellissimo “Marbles” (2004), evolvendosi nella penombra, accendendo luci ad intermittenza, lacrimando leggermente. Ciò che resta si muove in un rock raffinato che ammicca il più delle volte alla formula della ballad senza però sprofondare in melensi e tronfi esercizi di stile falso-malinconici. Meritano menzione anche le eleganti Woke Up e Nothing Fills The Hole, paradossalmente vicina, quest’ultima, al lato più “souleggiante” di certi Simply Red. Il secondo dischetto, intitolato “The Hard Shoulder” (il primo è “Essence”), rimembra più palesemente le radici prog dei Marillion, con strutture multi-formi e la consistente presenza delle tastiere di Mark Kelly (parecchio vive anche nel primo ciddì). Proprio per questo la seconda parte di “Happiness Is The Road” risulta il quid vincente dell’intera opera, adesso più variegata nei registri e più interessante nella composizione. La lunga Asylum Satellite #1 ha forti parentele coi Porcupine Tree più psichedelici ma mantiene ugualmente intatti gli stilemi dei nostri, ricamando fraseggi chitarristici nella digressione fluttuante che funge da coda del brano. Parecchio soffusa la sezione che va da Older Than Mea Half The World, dove l’anima più pop dei Marillion prende il sopravvento, mentre Whatever Is Wrong With You sfoggia l’ennesimo ritornello vincente, lievemente aggressivo quel tanto che basta per dargli una scorza più rock. Real Tears For Sale espone reminiscenze del recente Peter Gabriel filtrate secondo i dettami del neo-progressive adesso tornato in auge e che gli stessi Marillion hanno contribuito a far germogliare. Col precedente “Somewhere Else” si poteva temere che la corazzata guidata da Steve Hogarth potesse iniziare mestamente a percorrere il viale del tramonto; i nostri ci smentiscono con un ambizioso lavoro concepito con la consueta classe e abbellito da un songwriting di buon livello, tutt’altro che addebitabile ad una formazione a corto di ossigeno. Come si suol dire, duri a morire.
(2008, Racket)
– “Essence” –
01 Dreamy Street
02 This Train Is My Life
03 Essence
04 Wrapped Up In Time
05 Liquidity
06 Nothing Fills The Hole
07 Woke Up
08 Trap The Spark
09 A State Of Mind
10 Happiness Is The Road
11 Half Empty Jam
– “The Hard Shoulder” –
01 Thunder Fly
02 The Man From Planet Marzapan
03 Asylum Satellite #1
04 Older Than Me
05 Throw Me Out
06 Half The World
07 Whatever Is Wrong With You
08 Especially True
09 Real Tears For Sale
A cura di Marco Giarratana