I brutti segnali colti nel recente ep “No Bells On Sunday” diventano certezza con Phantom Radio, nuovo parto su lunga distanza della Mark Lanegan Band. La logorrea creativa che lo vede coinvolto da 3-4 anni a questa parte sta minando l’ispirazione dell’ex Screaming Trees, un tempo autore di dischi imprescindibili e attraversati da una profonda tensione emotiva, qui invero latitante.
La recente svolta electro-pop fatica a raggiungere un equilibrio tra la necessità di rinnovare il linguaggio stilistico e le radici folk-blues. “Phantom Radio” fluisce senza regalare episodi memorabili, neanche una “The Gravedigger’s Song” come accadde in “Blues Funeral” di 2 anni fa. Convincono poco le reminiscenze new-wave del singolo Flood Of The Ocean, nonostante la voce di Lanegan intoni una delle melodie più attraenti dell’intero album.
C’è l’ombra di Moby in The Killing Season, carina ma senza colpo ferire. Godibile l’easy-listening di Harvest Home, ma muore dopo due ascolti. Quasi intriganti le scie soul di The Seventh Day se non fosse che il brano non raggiunga mai un apice.
Il vecchio Lanegan si riconosce nella scarna e rurale I Am The Wolf e nell’essenziale Judgement Time accompagnata solo da fisarmonica e una chitarra acustica appena sfiorata. Ma sono episodi di bassa statura e non è più tempo di melensi amarcord. Il resto sono riempitivi che, in tempi migliori, Lanegan avrebbe estromesso dalle b-sides dei singoli. Persino i suoni non sono pregiati, davvero molto brutti, le batterie non hanno profondità, gli arrangiamenti difettano di groove.
Ci resta in mano un gruzzolo di canzoni piatte e prive di sussulti, la prima macchia di una carriera fin qui esemplare. Peccato.
(2014, Heavengly / PIAS)
01 Harvest Home
02 Judgement Day
03 Flood Of The Ocean
04 The Killing Season
05 Seventh Day
06 I Am The Wolf
07 Torn Red Heart
08 Waltzing In Blue
09 The Wild People
10 Death Trip To Tulsa
IN BREVE: 2/5