Che i Mars Volta non siano una band convenzionale è circostanza nota ai più. Certe trame sonore, certe scelte d’immagine, certo modo di approcciarsi alle esibizioni dal vivo, ne hanno fatto nel corso degli anni tanto una band culto per un bel po’ di persone quanto una masnada di buffoni per altrettante. Come sempre, quando un gruppo spacca così a metà l’opinione di critica e semplici ascoltatori, la verità sta nel mezzo. Ovvero: i Mars Volta hanno dato vita ad alcuni degli episodi migliori del rock alternativo degli ultimi anni, vale a dire tutto ciò che è contenuto nei primi due capitoli della loro discografia, album assoluti come “De-Loused In The Comatorium” (2003) e “Frances The Mute” (2005). Ovvero, ancora: i Mars Volta sono capaci, però, di pubblicare anche un lavoro poco ispirato, eccessivo, ripetitivo come “Amputechture” (2006), vera e propria ghigliottina per le aspettative riversate da molti sulla band. Non importa poi se “The Bedlam In Goliath” (2008) ha provato in qualche modo a salvare il salvabile, perchè comunque il livello medio delle composizioni dei Mars Volta è sembrato sensibilmente peggiorare e involvere fino a collassare su stesso. E così, dopo aver slabbrato al massimo il loro progressive fino a renderlo ridicolo in certi contesti, un giorno Omar Rodriguez-Lopez decide di ricominciare a suonare la sua chitarra in un’ottica di band piuttosto che in quella egocentrica, e Cedric Bixler Zavala sceglie a sua volta di smetterla di gareggiare per il premio di “voce più eclettica della storia del rock” e di riprendere a tessere trame vocali perfettamente incastonate nelle parti strumentali create da Rodriguez-Lopez. Il risultato è che i due cominciano a parlare del nuovo album, che lo spacciano per un lavoro “acustico” e che viene pubblicato col nome di Octahedron. A scanso di equivoci, diciamo subito che la personalissima concezione di “acustico” dei Mars Volta è quantomeno discutibile. La spina c’è eccome in questo “Octahedron”, e già dopo un primo ascolto è facile comprendere ciò cui si riferivano i due presentando l’album come “acustico”. Perchè i ritmi di “Octahedron” sono decelerati, portando l’intero lavoro ad una velocità più che dimezzata rispetto a quanto proposto fino a questo momento dai Mars Volta. Inoltre, ed è questo il pregio maggiore, l’album non pecca di quegli eccessi in produzione e post-produzione che avevano letteralmente fatto precipitare le quotazioni dei due precedenti capitoli a nome Mars Volta. La lunghezza dei brani è in linea con il loro stile, a volte (With Twilight As My Guide e Luciforms) decisamente annacquati, altre volte (Cotopaxi) a fungere da mero intermezzo nonostante presentino fin dall’inizio buone “prospettive”. Il che finisce per penalizzare in qualche modo l’impatto dell’album. “Octahedron” non sarà quindi il loro miglior lavoro, ma rappresenta di sicuro un bel bagno d’umiltà per i Mars Volta, che sembrano aver recepito il messaggio tornando almeno in parte sui propri passi. Non si può che essere entusiasti di ciò.
(2009, Universal)
01 Since We’ve Been Wrong
02 Teflon
03 Halo Of Nembutals
04 With Twilight As My Guide
05 Cotopaxi
06 Desperate Graves
07 Copernicus
08 Luciforms
A cura di Emanuele Brunetto