Si sono fatti attendere per ben sette anni. Tanto è passato dal loro ultimo lascito discografico con materiale inedito, l’ottimo e molto sottovalutato “100th Window”. D’altronde i Massive Attack rientrano in quel nugolo di band che possono permettersi di stare a lungo lontano dai riflettori senza subire un calo d’entusiasmo da parte del pubblico. E questo status se lo sono guadagnati a suon di dischi supremi, di hit singles che hanno in parte rivisitato il concetto di pop music. Loro e i Radiohead rimangono le entità più influenti in questo campo. Sette anni, di cui cinque spesi a pianificare e scrivere e arrangiare e selezionare il materiale che sarebbe poi confluito in questo Heligoland. Anticipato in ottobre dall’ep “Splitting The Atom, dischetto che ha avuto una meritata accoglienza tra il tiepido ed il semi-freddo, il nuovo disco della premiata ditta Del Naja-Marshall (conosciuti ai più rispettivamente come 3D e Daddy G) si rivela, fin dai primi ascolti, un’opera bipolare. Il songwriting non scintilla, il motore non gira a mille, ma nonostante ciò, seppur un po’ sottotono, i Massive Attack si presentano con la loro consueta eleganza. Pray For Rain (già ascoltata nel sopraccitato ep) è senza dubbio un gran pezzo: da una piccola fessura del pavimento salgono ondeggianti cerchi di fumo che odorano di cuoio invecchiato, l’aria ha un che di jazzato, ma sotto il pavimento sentiamo pulsare qualcosa, pulsa una solitudine cupa che tenta di forare la membrana che la contiene. Canta Tunde Adebimpe dei Tv On The Radio. Sopraggiunge a ridosso Babel, i cui passi iniziali pare una cadenzata pioggia di gocce plastica che battono sul cristallo e sulle quali si staglia la voce sensuale di Martina Topley-Bird, che fa il bis nella palude grigia di Psyche, che sta in una landa al confine tra Jarboe e la Bjork più minimale. Delicatissimo è poi il cameo della sempreverde Hope Sandoval, frontgirl dei Mazzy Star che si aggira nella costellazione di piccole perle di vetro di Paradise Circus. Ma nessuno di questi brani che abbiamo appena menzionato può ambire ad ascendere sulla cima dell’Olimpo sul quale sono assisi capolavori generazionali come “Karmacoma”, “Angel”, “Teardrop”, “Unfinished Sympathy” o “Butterfly Caught”. Non escluderemmo anche la bellezza fragile di “Live With Me”, uscita come singolo inedito nella raccolta “Collected” del 2006. Nulla di epocale da queste parti, insomma. E se poi ci accingiamo a tirare le somme su tutto l’album non si può non tenere conto della debolezza di una Flat Of The Blade, dove a parte quegli ispessimenti in prossimità del refrain non accade assolutamente nulla. O di Girl I Love You col “solito” Horace Andy, cinque minuti abbondanti di sbadigli. E non si può soprassedere sulla comparsata di Damon Albarn dei Blur in Saturday Come Slow, canzoncina che funge più da riempitivo che altro. Atlas Air e Rush Minute, col padrone di casa Del Naja dietro al microfono, tentano di riesumare parte dell’oscurità di “100th Window”, la prima riuscendoci in parte, invece per la seconda si rimanda il lettore a quanto detto di “Girl I Love You”. Indefinibile Splitting The Atom, ammaliante per via di un’ossatura ritmica sghemba, ma quel ritornello è davvero fastidioso. Sette anni di assenza e tra le mani ci ritroviamo “Heligoland”, uno dei come-back più attesi e pluri-rimandati degli ultimi tempi. Sette anni di attesa per un disco come “Heligoland” non sono tanti, sono fin troppi. Vogliamo considerarlo come un album che fotografa un momento di transizione nella poetica dei Massive Attack, lo facciamo per la stima che il duo anglosassone si è guadagnato negli anni presso di noi. Ma non escludiamo che col tempo potremmo renderci conto che “Heligoland” sia un mezzo flop.
(2010, Virgin)
01 Pray For Rain
02 Babel
03 Splitting The Atom
04 Girl I Love You
05 Psyche
06 Flat Of The Blade
07 Paradise Circus
08 Rush Minute
09 Saturday Come Slow
10 Atlas Air
A cura di Marco Giarratana