Di storie come quella di Mavis Staples ne esistono a migliaia, solo che noi non ne conosciamo nessuna, tolta qualche nota eccezione. Non abbiamo la minima idea di quante registrazioni siano andate perse: solo una minima percentuale di blues, gospel, rythm&blues è stata incisa su disco, la segregazione razziale non avrebbe mai consentito alla gente di colore un tale privilegio artistico.
Eppure, il potere comunicativo di tutte le derivazioni e i generi affini al blues non era riscontrabile in nessun altro genere musicale, non fosse altro perché nascevano dall’esigenza di sfogo, preghiera, parola, contestazione che in gran parte erano negati. Per quasi cento anni gli afroamericani lottarono per ottenere niente più che una manciata di diritti. Mavis Staples, dall’alto dei suoi 78 anni suonati, vanta un primato: aver dovuto impegnarsi a suo tempo per il riconoscimento dei diritti fondamentali della sua persona e continuare a combattere oggi, nell’ormai conclamata era Trump.
Armata solo di una fede incrollabile, una voce senza tempo e una potenza comunicativa da predicatrice “gentile”, Mavis Staples utlizza If All I Was Was Was Black, suo terzo lavoro in collaborazione con Jeff Tweedy (Wilco), per esorcizzare le preoccupazioni derivanti da un’ondata di razzismo, non più giustificabile. Sembra un paradosso, ma ancora una volta la Staples è costretta a chiedersi se davvero tutto gira attorno al colore della pelle: ”If all I was was black / Looking at you, you might look past”, recitano le prime due linee della title track, con un’ingenuità e una pazienza così disarmante da lasciare un sapore sgradevole in bocca; la consapevolezza amara che la segregazione, il razzismo e la lotta alla diversità non sono mai finite e, probabilmente, non finiranno mai.
Little Bit, in apertura, descrive gli atteggiamenti brutali e immorali delle forze dell’ordine statunitensi, alla costante ricerca di criminali che casualmente indossano tratti e colori scuri. L’album, musicalmente, è una splendida combinazione di funk anni ’70, cori gospel e stravaganti riff di chitarre rock. Peaceful Dream, un gospel che parafrasa il discorso più famoso di Martin Luther King, ha un ritmo così contagioso da veicolare immediatamente il messaggio simbolo della lotta al rispetto e all’uguaglianza.
Il duetto con Jeff Tweedy, Is Not No Doubt About It, con la sua melodia garbata, illustra come due persone possano sostenersi a vicenda, riuscendo, insieme, ad andare oltre ogni difficoltà. L’album si chiude con All Over Again, splendida unione tra voce e chitarra irriverente di Jeff Tweedy, lasciando una riflessione aperta sulla lotta intrapresa e mai conclusa.
Mavis Staples non si è mai fermata: naviga ancora su acque agitate, con una voce più audace e pertinente che mai. La Staples pensa solo alla sua musica, non si eleva al di sopra delle masse come un vate portatore della Verità, non indossa colori politici né abbraccia alcuna ideologia ma partecipa attivamente e con passione al realtà che la circonda, adesso esattamente come cinquant’anni fa.
(2017, Anti-)
01 Little Bit
02 If All I Was Was Black
03 Who Told You That
04 Ain’t No Doubt About It (feat. Jeff Tweedy)
05 Peaceful Dream
06 No Time For Crying
07 Build A Bridge
08 We Go High
09 Try Harder
10 All Over Again
IN BREVE: 4/5