Da quando i Melvins hanno interrotto la loro collaborazione con i Big Business Coady Willis e Jared Warren (l’ultimo album intero insieme è l’ottimo “The Bride Screamed Murder” del 2010), la politica di Osborne e Crover è stata quella delle porte girevoli: un’infinità di ottimi musicisti, spesso leggende dell’underground rock, a coadiuvarli, con risultati mai insufficienti ma talvolta altalenanti e spesso con un suono forse poco melvinsiano. Divertissement, li potremmo chiamare, se non fosse un intero decennio di divertimento.
La verità è che in trentotto anni di onorata carriera, sparigliare spesso e volentieri le carte è stato probabilmente un modo per non annoiarsi o non diventare gli AC/DC dell’hard rock indipendente americano. Non che ce ne fosse particolarmente pericolo, dato che in questi trentotto anni la band di Montesano, WA, non ha mai smesso di reinventarsi a ogni occasione, non ultimi i due eccellenti, peculiari, recentissimi, album solisti di Crover e Osbourne. Una di queste porte girevoli ha visto un loro caro amico d’infanzia, Mike Dillard, tornare alla batteria (con “Tres Cabrones”, nel 2013), spostando Dale Crover al basso, con risultati validissimi; ed è proprio Dillard a tornare alla batteria per questo Working With God.
Si potrebbe quindi dedurre che sia l’ennesimo episodio stravagante, l’ennesima sfogo alla voglia di stronzeggiare, ché tanto coi dischi non ci fa più soldi nemmanco Beyoncé. Una prova a conferma di ciò la si trova al primo secondo del primo brano dell’album, una cover particolarmente groovy della “I Get Around” dei Beach Boys, brano ribattezzato per l’occasione I Fuck Around (“Io cazzeggio”): neanche il piacere di coglierli con le mani nella marmellata, i tre si presentano immediatamente ricoperti di confettura, e si giustificano con chi gli domanda dell’album dicendo che con il buon vecchio Dillard, amico di sempre e membro fondatore della band, presente sin da prima che Crover ne facesse parte, si sentono come quando erano giovani, e ne consegue che ne esce fuori un senso dell’umorismo da scuole elementari. Stronzeggiare, appunto: dire parolacce, storpiare canzoni, urlare cazzate al microfono. Per usare una frase resa leggenda dal maestro Renè Ferretti, fare le cose a cazzo di cane.
Ma immediatamente dopo, con Negative No No, c’è qualcosa di strano, che non coincide con il modello Ferretti, né del resto era a cazzo di cane l’ottima Caddy Daddy che ha preceduto l’album. Riff degni del meglio dei Melvins, un Buzzo feroce come non si sentiva da anni, suono compatto e cazzimma alle stelle. No, “Working With God” non sembra proprio l’ennesimo episodio stravagante, è al contrario la miglior collezione di pezzi dai tempi di “Freak Puke” (2012), forse perché, come ammettono scherzosamente (?), dovevano mettersi in pari con Dio dopo anni di malefatte e crimini per cui l’hanno fatta franca. Certamente ci sono passaggi più leggeri, come una cover del troppo spesso dimenticato genio di Harry Nilsson (Fuck You), o la conclusiva, stravagante cover a cappella di Goodnight Sweetheart, capolavoro del doo wop originariamente interpretato dagli Spaniels, ma sono coerenti nel contesto eclettico dell’album, così come lo è la lenta, lentissima, psichedelica, stoneriana Hot Fish.
Insomma, dalla line-up più prona al cazzeggio dei padrini del grunge arriva quello che è il più solido, meglio scritto, godibile album dei Melvins da tanti anni a questa parte. Chiederemmo loro di provare a farci sentire ancora qualcosa da questa formazione, per vedere se ci prendono gusto, ma siamo sicuri che, mentre Dillard è tornato in fretta e furia a Montesano appena completato l’album per via delle nuove restrizioni dovute alla seconda (e poi terza) ondata del Covid-19, Dale Crover e Buzz Osborne ci risponderebbero, citando nuovamente Harry Nilsson, “fuck you”.
(2021, Ipecac)
01 I Fuck Around
02 Negative No No
03 Bouncing Rick
04 Caddy Daddy
05 1 Brian, The Horse-Faced Goon
06 Brian, The Horse-Faced Goon
07 Boy Mike
08 1 Fuck You
09 Fuck You
10 The Great Good Place
11 Hot Fish
12 Hund
13 Goodnight Sweet Heart
IN BREVE: 4/5