Non è raro che chi scherza col fuoco si trovi a raccogliere almeno un po’ delle proprie ceneri. E così, non è raro che gruppi d’assalto finiscano, nel giro di pochi album, a sembrare la pallida copia di se stessi. Soffocando velocità, rabbia, volume: tutte quelle caratteristiche delle quali ci si era innamorati. Per tutti quei gruppi esiste un destino unico e inconsolabile: l’oblio condito della promessa non mantenuta. Un gigantesco: peccato, c’eri vicino.
E i Metz? I Metz, quando hanno scelto di stare dalla parte delle fiamme, evidentemente avevano già brevettato una propria tuta ignifuga. Al quarto album in studio il trio made in Ontario, Canada, picchia ancora con l’energia del 2012 e se possibile anche più forte. Atlas Vending è come Naomi Campbell: esattamente il gran suono di sempre con il portamento di ieri come oggi. Chi con l’omonimo esordio restò stordito da “Headache” non farà fatica a sentire le medesime nocche dure in Pulse, chi si fece brutalizzare da “Wet Blanket”non avrà difficoltà a restare sommerso da Parasite.
I riferimenti sono costanti: Mudhoney, Shellac, Jesus Lizard, un pizzico di Sonic Youth. Metteteci tutto il piccante che volete ma senza scendere di livello. Non ve lo possono permettere pezzi micidiali come Blind Youth Industrial Park, No Ceiling o Sugar Pill. Non ve lo può permettere la lunga, martellante coda di A Boat To Drown In – col suo riff à la Billy Corgan di una volta – che aggiunge un carico da novanta allo snervante orfanaggio concertistico che subiamo, tra le altre cose, da Marzo.
Non è raro che chi scherza col fuoco si trovi a raccogliere almeno un po’ delle proprie ceneri, col tempo. Perciò attenzione a maneggiare questo LP. Potreste restarne, quantomeno, felicemente scottati.
(2020, Sub Pop)
01 Pulse
02 Blind Youth Industrial Park
03 The Mirror
04 No Ceiling
05 Hail Taxi
06 Draw Us In
07 Sugar Pill
08 Framed By The Comets Tail
09 Parasite
10 A Boat To Drown In
IN BREVE: 4/5