Mentre i ministri (quelli in giacca e cravatta, attenti solo al loro conto in banca e a difendere esclusivamente i loro interessi) ci dicono che la crisi non c’è, che è un’invenzione dei media e che non ha senso farsi prendere dall’isteria collettiva e anzi bisogna SPENDERE SPENDERE SPENDERE, arrivano i Ministri (quelli con basso, chitarra e batteria) a sbatterci in faccia la pessima situazione in cui siamo immersi fino al collo, a urlarci nelle orecchie la crisi non solo economica ma anche sociale e culturale in cui il nostro Paese è immerso da ormai più di un decennio. Finalmente in mezzo alle macerie della musica italiana si scorge un vero gioiello di combat rock, duro, grezzo e impegnato, che non si fa scrupoli di dire cose scomode e finalmente ci costringe ad aprire gli occhi sulla realtà che sta andando in frantumi, mentre la maggior parte dell’opinione pubblica infila la testa sotto la sabbia come un gigantesco struzzo e preferisce spegnere il cervello davanti a reality e tg farsa. I tre ragazzi milanesi si erano fatti notare nell’ambiente indie nel 2006 con “I Soldi Sono Finiti” (titolo straordinariamente profetico), a cui provocatoriamente era allegato un euro (vero). Dopo l’ep “La Piazza” (2008) tornano con Tempi Bui, primo album pubblicato con una major (dettaglio che ha fatto storcere il naso ai fan integralisti e miopi). Ci si trova di fronte ad 11 tracce granitiche, in cui la semplicità della formula alchemica chitarra-basso-batteria è capace di creare perle di nichilismo e disillusione come Tempi Bui (title-track e primo singolo) e Il futuro è una trappola (che sembra lo straziante testamento di un ventenne suicida che non vede spazio per sé nel futuro-trappola creato dalla gerontocrazia imperante in Italia); in cui ci si trova davanti a una scrittura fortemente evocativa, come in La casa brucia (geniale il verso “brucia, la casa brucia e la nonna si pettina”, epigramma che rimane scolpito nel cervello) o incisivamente ironica, ed è il caso di Bevo (“per conoscer gente / bevo bevo bevo / e per rincontrarla / bevo bevo bevo / perché non c’è altro / bevo bevo bevo” sono versi che riassumono perfettamente i motivi stupidi per cui i ragazzi si attaccano alla bottiglia). C’è spazio per la denuncia dell’assurdità della giustizia italiana inDiritto al tetto (ebbene sì, in questo Paese siamo stati capaci di condannare agli arresti domiciliari un clochard che “vive” su una panchina), in cui “diritto al tetto e a non averlo” è urlato con una fierezza e una potenza che danno una scrollata alla miopia borghese. Ma in mezzo a canzoni esplosive in cui testo e musica raggiungono una potenza dinamitarda, ci sono anche pezzi più intimistici (ma non per questo meno incisivi), in cui il senso di rassegnazione e frustrazione emerge da un mondo più personale (Il bel canto ed E se poi si spegne tutto). Degna conclusione è Ballata del lavoro interinale, inno rassegnato di una generazione condannata al precariato. Sfacciati, provocatori, non hanno paura di sbatterci in faccia la cruda verità: per questo in “tempi bui” come questi, i Ministri sono una benedizione.
(2009, Universal)
01 Tempi bui
02 Bevo
03 Il futuro è una trappola
04 La faccia di Briatore
05 Il bel canto
06 La casa brucia
07 Diritto al tetto
08 Berlino 3
09 E se poi si spegne tutto
10 Vicenza (la voglio anche io una base a)
11 Ballata del lavoro interinale
A cura di Sebastian Iannizzotto