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Mogwai – The Bad Fire

Tutto esplode all’improvviso, come il boato che deflagra dalla bocca di un vulcano. Non avverte, arriva così: sferra pugnali di gas e cenere. A quel punto conta solo correre il più velocemente possibile per mettersi in salvo. I problemi per i Mogwai arrivano di colpo, la malattia della figlia di Barry Burns, lo scollamento e lo scoramento di un gruppo sempre protetto da una specie di patina di positività. Quando anche la proverbiale “tristezza dei Mogwai” è sempre stata un tratto più di stile che di animo.

The Bad Fire è un modo di dire scozzese per intendere l’inferno ed è il primo vero album intriso di nero vero (e che dal nero vuole riemergere). Sì, più di “Young Team” (1997), più di “Come On Die Young” (1999), perché quelli erano dischi che cercavano una strada, qui la strada è segnata da decenni con l’operazione artistica e umana, quindi, che si presenta a cuore aperto. Il cuore aperto di una band appassionata del suo suono e che si commuove al solo pensiero. Sono dieci le tracce di Stuart Braithwaite e compagni e ci sono tutti i Mogwai dal 1997 a oggi. Il suono denso, la circolarità proverbiale, il saliscendi che ha creato un genere, l’umore che sobbalza, alcuni tratti più acidi e psych, le chitarre grondanti feedback e le tastiere salate.

“The Bad Fire”, ancora più del solito, è una colonna sonora mancata. Le tracce si affastellano come scene di un film che non c’è. Il film dei Mogwai si potrebbe dire. Della band e degli uomini che la compongono. Senza hit, senza brani da radio, senza pezzi memorabili nel senso più concreto: la memoria è oggi, in questo momento, in questa fase. È questo ciò che balza alla mente premendo play ai sette minuti e rotti di If You Find This World Bad, You Should See Some Of The Others il cui titolo è preso direttamente dai mondi immaginifici di Philip K. Dick.

Si viaggia a ritmo lento verso quello che sembra un orizzonte ma che è solo una linea che si sposta sempre più in là. Anche il vulcano in copertina appare come un mostro con la bocca spalancata ma che è solo un vulcano. Anche il nero dei Mogwai viene annacquato gradualmente goccia dopo goccia. Anche il senso delle cose è contenuto in un passaggio di note, nell’impennata di un’emozione, nel precipizio di una folata di suoni. Si sta male, si risale, si salta in aria con un vulcano, poi ci si ridesta con il fumo assorbito dal mare. Una sorta di lezione sulla vita. Prendiamo appunti.

2025 | Rock Action

IN BREVE: 3,5/5