A Fukushima le farfalle sono tornate bruchi. Mutazioni genetiche di milioni d’insetti provocate dalla tempesta nucleare che ha investito quei luoghi. Anche le persone non se la passano bene. Quante generazioni segneranno nel loro calendario di memorie l’11 Marzo del 2011? I Mono raccontarono il loro 11/3 a Il Cibicida qualche settimana dopo il disastro che sconvolse il Giappone: «Il punto è accettare la tragedia come parte del nostro destino – disse “Taka” Goto – dobbiamo assolutamente pensare al domani, non al passato». Un monito il suo, forte dello spirito legato al quasi-irreale fatalismo nipponico. Futuro, ok, ma il passato rimane lì, tra un pupazzetto di samurai in cotone e qualche foto custodita in album di carta di riso. For My Parents, il nuovo album della band di Tokyo, non ha bisogno di molte interpretazioni. Il titolo è già di per sé parte della storia. I sentimenti legati al passato ne sono base. «Mentre ogni cosa continua a cambiare – raccontano i Mono a tre anni da “Hymn To The Immortal Wind” – l’amore per i genitori rimane costante attraverso il tempo». E in copertina la foto increspata di due “vecchi” genitori fa tenerezza, soprattutto ripensando a quante famiglie sono rimaste spezzate dal terremoto dell’anno scorso. In “For My Parents” i Mono rimangono fedeli al loro ricettario musicale: lunghissime suite post-rock pettinate da feedback e riverberi, pompate da chitarre ascendenti, epicizzate da violini, archi e da un impianto cinematografico degno delle migliori soundtrack da cinema sentimentale e romantico. Dal frastuono di Unseen Harbor (ricordate un altro Harbor in acque giapponesi?) allo xilofono di A Quiet Place (Together We Go), si vive un viaggio tra Nostalgia e Legenda. “For My Parents” è ancora una volta il film senza immagini by Mono. Ed è inutile, quasi pedante, ritirare fuori il discorso del post-rock come “genere” cristallizzato e immobile. Il post-rock è come il punk: piace o no. Smuove ghiandole e papille o passa veloce senza lasciar traccia. Di certo, intercetta colori che altri modi di far musica non hanno in tavolozza. Colori luminosi, ariosi. Colori che dalle parti di Fukushima stanno lottando per rinverdire. Almeno un po’.
(2012, Temporary Residence)
01 Legend
02 Nostalgia
03 Dream Odyssey
04 Unseen Harbor
05 A Quiet Place (Together We Go)
A cura di Riccardo Marra