Freschi freschi di ventennale di carriera, non voglia il cielo che i norvegesi Motorpsycho debbano mai fermarsi: tre album negli ultimi due anni, mai un passo falso. Beh, “mai” è forse un’esagerazione… diciamo che i piccoli passi falsi che quest’ottima band ha ogni tanto fatto non sono mai stati delle cagate, se mi passate il francesismo. E ce li ritroviamo anche nel 2010, a regalarci la loro egregia combinazione di heavy metal e space rock, sempre con quella spruzzatina sottile e leggera di free jazz che non è mai disprezzabile. Parliamoci chiaro: i Motorpsycho, come i Floyd di “A Saucerful Of Secrets”, non sono una band per tutti, e quest’album non è un’eccezione. Mentre i lavori del decennio che è or ora passato avevano preso una virata un po’ più “morbida”, qui già dal titolo si capisce quali sono le intenzioni: il risultato è uno dei loro migliori dischi negli ultimi dieci anni, carico di orgasmi floydiani più che di sterili jam a là Grateful Dead, che pure trovano spazio senza mai eccedere in improbabili masturbazioni darkstariane che tanto piacciono agli hippies. Qui emergono spesso le influenze Sabbathiane e più in generale tipiche dell’hard rock classico degli anni ’70 come non accadeva da molto: W.B.A.T., in particolare, la si poteva chiamare OsbourneWardIommiButlerWeLoveYou senza vergogna. Gli ‘psycho sono ben contenti di misurarsi coi classici, e c’è da dire che difficilmente sfigurano, sia per la destrezza tecnica che comunque non gli manca, sia per l’intelligenza nel calibrare citazioni, influenze ed elaborazioni personali: la pretenziosa suite finale Gulliver’s Travails, divisa in quattro parti come era in voga ai tempi d’oro del prog rock (altra influenza mai celata dai norvegesi), è un compendio di quanto finora realizzato da questa band, ed è veramente una goduria. Spesso ignorati dalla stampa specializzata, forse soffrono un po’ la definizione di “band per fattoni”. C’è da dire che tutti gli amici del nostro buon idolo Morgan, i malati, come dice l’altro nostro buon amico Vasco, se la godranno alla grande nei deliri psichedelici filtrati dallo stoner di miglior fattura. In realtà questa band e questo album più di tutti i lavori da “It’s A Love Cult” ad oggi, offrono molto più di una colonna sonora alle proprie canne: musica di pregevole fattura ed improvvisazioni come non se ne sentono da un bel po’ da queste parti, di gente che invece che vendere un dannatissimo prodotto si diverte a fare ciò che fa, e fa divertire chi li ascolta. Insomma, magari statene alla larga se le lunghe jam vi annoiano… ma date una possibilità a questa band e non ve ne pentirete.
(2010, Rune Grammofon)
01 Starhammer
02 X-3 (Knuckleheads In Space)
03 The Bombpoof Roll And Beyond
04 Close Your Eyes
05 W.B.A.T.
06 Gulliver’s Travails Pt. I-IV
A cura di Nicola Corsaro