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Muzz – S/T

Il termine catarsi deriva dal greco e viene utilizzato non solo per indicare una cerimonia religiosa di purificazione, ma definisce il processo di liberazione da esperienze traumatizzanti o da situazioni conflittuali. Se questo processo avesse un suono, sarebbe sicuramente quello del primo e omonimo album dei Muzz, la “superband” di Paul Banks degli Interpol, Josh Kaufmann dei Bonny Light Horseman e Matt Barrick dei Fleet Foxes.

La parola Muzz fa venire in mente fuzz-y (sfuocato, confuso): “Josh usa la parola ‘muzz’ per descrivere il sound delle vecchie registrazioni, è il suo tentativo di dare un termine ad una qualità sonora decisamente più analogica – afferma Banks – per questo abbiamo usato metodi di registrazione più tradizionali, che riportano ad una dimensione acustica, live”. Nell’album ci sono momenti di calore che avvolgono l’ascoltatore, come quando i sassofoni si lasciano andare all’apice di Bad Feeling, brano delicato dalla costruzione lenta o quando la catartica Evergreen diventa un tutt’uno con il motorik-beat e fonde la voce con i cori e la chitarra slide.

Le sezioni arpeggiate di Kaufman sono una risposta più che soddisfacente alla chitarra ritmica di Banks e Patchouli ne è un magnifico esempio, con le voci lamentose che si mescolano ai dolci arpeggi; la malinconica All Is Dead To Me riscalda l’atmosfera con gli ottoni disarmonici che lasciano spazio a liriche introspettive: “All is dead to me, cause they never read to me”. Qui, il baritono di Banks, che per l’occasione si fa morbido come seta, guida le band durante tutto il pezzo, mentre Barrick mantiene il ritmo costante, tenendo tutto insieme, fino allo splendido assolo di sassofono.

Knuckleduster è una brano infuocato, sconclusionato e selvaggio, ritmato dal battito strepitante di Matt Barrick, raggiunge quasi il blues ribelle dei primi Kings Of Leon, qui la voce si fa più sensibile, toccante, un mix commovente di incertezza e fragilità. Tracce come la jazzy How Many Days o Broken Tambourine, con cinguettii sparsi tra le note del pianoforte, rendono perdonabili alcuni momenti di lirismo stantio, evocando il miglior rock anni ’70; mentre Chubby Checker eterea e cinematografica e Summer Of Love che abbina chitarra acustica e organo retrò a un ritmo di samba, accompagnano l’ascoltatore verso la fine del disco.

Il sound che ci propongono i Muzz è di qualità superiore rispetto a ciò cui siamo abituati, colmo di malinconia e ogni strumento, dal piano ai corni, dalle chitarre alle percussioni, appare perfettamente equilibrato. Riflessi sonori di ottoni e clarinetto diventano un tutt’uno e danno vita a un paesaggio sonoro fatto di ricordi. Elegante e contemplativo fluisce e scorre attraverso tutti i sensi. Se l’obiettivo della band era quello di creare un’opera insostituibile, dal sapore vintage, al contempo chiara ma dalla finitura incredibilmente nebulosa, possiamo dire che l’ha raggiunto.

(2020, Matador)

01 Bad Feeling
02 Evergreen
03 Red Western Sky
04 Patchouli
05 Everything Like It Used To Be
06 Broken Tambourine
07 Knuckleduster
08 Chubby Checker
09 How Many Days
10 Summer Love
11 All Is Dead To Me
12 Trinidad

IN BREVE: 4/5

Simona D'Angelo
Nasce a Roma e vive a Milano con il suo alter ego Hitomi (che però non la sopporta). Musicaholic senza rimedio, crede fermamente che "vivere nell'ignoranza è quasi come vivere nella felicità".