L’arte, come le foreste, gli oceani, i deserti, ti fa sentire insieme vivo e infinitamente piccolo. E solo l’arte riesce in questo, penetrando sino a dove il corpo termina e si sfalda. Per fare l’amore bisogna essere nudi. Il Re Inchiostro, adesso, è nudo. Perduto Arthur – perdutamente nudo. Dalla scogliera – completamente nudo. Come un albero ch’è privo di fogliame. Che non sa ancora se supererà l’inverno. Così è presente, a noi, Nicholas Cave. Così è presente, se lo è, pure a se stesso.
Skeleton Tree è un castello di spettri. Così imponente da far quasi paura. Da suscitare, in chi ne scrive, riverenza. Timore, ossequio, verità. Come quella che si deve ai morti nelle parole di Voltaire. Quella che colma il vaso di quest’orma. Non è possibile – sia subito chiarissimo – non fare capo alle liriche dell’album. Perché nei testi sono le piaghe dello spirito; nei testi affoga una musica di assenza. Tra luce e ombra, vero e falso, vita e morte. Composizioni ragionate come un limbo. Come grigissimo liquido amniotico.
Non c’è criterio di oggettività che tenga, già con l’ascolto di Jesus Alone. Nella voce, che in ginocchio prega: “With my voice, I am calling you”. È immediata la sensazione che il tappeto sonoro sia qui preposto a ruolo di pulsione, vibrazione, battito oscuro. Se Rings Of Saturn pare il momento in cui le nubi, d’improvviso, si diradano, siamo in realtà dinanzi alla traccia più coscientemente psicanalitica del lotto. Dove comincia a farsi eterna la lotta per mantenere caldo un amore – forse impossibile – che sopravviva una perdita dilaniante. “Se vuoi sanguinare, sanguina e basta”: canta il songwriter nella straziante Girls In Amber, che anticipa il baratro coraggioso di Magneto. Siamo davvero alla sublimazione del lutto: a un’esistenza ripercorsa a ritroso per ricostruirne il senso. Attraverso lo scattoso incipit di Anthrocene, si va da soli nella città dolente: fino a un trittico d’indicibile bellezza. Difficile ricordare, tra le pubblicazioni recenti, un climax più devastante della sontuosa successione I Need You, Distant Sky, Skeleton Tree. Un quarto d’ora che spezza il fiato e le ossa. Che chiude un cerchio di addizione e sottrazione.
Col preziosissimo sostegno di Warren Ellis (all’insegna di una cifra vicina a Scott Walker, David Sylvian e Mark Kozelek), Nick Cave aggiunge alla sua discografia un tassello indimenticabile, e all’anno in corso un inaspettato contraltare per l’infinito “Blackstar”. Non si può chiedere a un’opera d’arte una medesima risposta. Non si può fare una valutazione con tabelle, indici, requisiti. Che cosa cerca l’ascoltatore dalla fruizione di un simile capolavoro? La stessa cosa che cerca il fedele a messa. Non si va a messa per bere un po’ di vino. Si va a messa per avvicinarsi a Dio. Chi cerca vino, forse non amerà quest’album. Chi cerca Dio, lo scorgerà da queste parti.
(2016, Bad Seed Ltd)
01 Jesus Alone
02 Rings Of Saturn
03 Girl In Amber
04 Magneto
05 Anthrocene
06 I Need You
07 Distant Sky
08 Skeleton Tree
IN BREVE: 5/5