Dopo una pubblicazione (internettiana) come “Ghosts I-IV”, chiunque sarebbe stato portato a prendere le dovute precauzioni nell’approcciarsi alla “imminente sorpresa” preannunciata nel maggio scorso sul sito ufficiale dei Nine Inch Nails. Perché “Ghosts I-IV” è un esperimento strumentale alquanto sui generis che, nonostante la pregevole fattura, ha lasciato con l’amaro in bocca tanto gli addetti ai lavori quanto coloro i quali Reznor lo idolatrano da quasi due decenni. E dunque, s’è rimasti di stucco quando, pochi giorni dopo l’annuncio, The Slip è stato concesso in download gratuito (unico onere la registrazione alla newsletter dei NIN), la nuova (?) forma di comunicazione/interazione di cui Reznor sembra essersi invaghito perdutamente. Date le premesse dunque, nessuno poteva immaginare che il genio della Pennsylvania avesse invece appena partorito Halo 27, ultimo capitolo della discografia a nome NIN che – solo in questo luglio 2008 – ha visto la pubblicazione su supporto fisico dopo il lancio su internet. “The Slip” non è nemmeno lontanamente accostabile alla terna di lavori seminali del periodo ’89-’99 (“Pretty Hate Machine”, “The Downward Spiral” e “The Fragile”), ormai assolutamente irraggiungibili anche per lo stesso Reznor, e quindi l’unico termine di paragone consentitoci è composto dal binomio “With Teeth”/”Year Zero”, ovvero le produzioni del nuovo millennio. Lavori che non avevano stupito più di tanto, abbastanza ispirato il primo, concettuale il secondo, ma poco convincenti nel complesso. “The Slip” testimonia, a conferma del trend, che il Trent Reznor dei nostri giorni è questo: poco omogeneo, poco spiazzante, poco selvaggio, poco se stesso per come abbiamo avuto modo di conoscerlo. Monocorde oseremmo dire. Non perché questo del 2008 sia un album scarso, bensì per la mancanza di quella violenza compositiva e verbale vero e proprio marchio di fabbrica dei primi NIN. Il buon Trent c’è, si spacca la gola cercando di imprimere il ritmo a pezzi come il singolo Discipline ed Head Down, ma vi riesce solo parzialmente, frustrato da evidenti limiti strutturali dei brani. Da lui composti però, mica da altri. C’è anche un certo auto-citazionismo all’interno di “The Slip”, con l’accoppiata d’apertura 999,999 e 1,000,000 che prova a rinverdire i fasti del trittico formato da “The Frail”, “The Wretched” e “We’re In This Together” (da “The Fragile”), in cui un intro strumentale funge da apripista al “concetto” vero e proprio. E l’auto-celebrazione continua con l’immancabile ballata, Lights In The Sky, che non ha niente da spartire coi capolavori “Hurt” e “Something I Can Never Have” ma i brividi li mette lo stesso, non fosse altro per la prova vocale di Reznor. Apprezzabili la dinamica Echoplex (brano che poteva tranquillamente essere una b-side di “Pretty Hate machine”) e The Four Of Us Are Dying. Decisamente trascurabili, invece, Letting You, Corona Radiata e Demon Seed, davvero troppo “sentite” anche per un album che di nuovo ha praticamente nulla. Troppo poco se l’autore è Trent Reznor, siamo d’accordo. Troppa frenesia di sfruttare il mezzo informatico, per una band abituata a periodi di riflessione parecchio lunghi. Ma siamo sicuri che “The Slip” sia il peggio che la sigla NIN abbia mai licenziato? Non ci metteremmo la mano sul fuoco.
Nota: “The Slip” è stato pubblicato anche in una versione digipack, limitata a sole 250.000 copie numerate, contenente un booklet di 24 pagine, adesivi ed un dvd con esibizioni dal vivo di brani estratti dall’album.
(2008, The Null Corporation)
01 999,999
02 1,000,000
03 Letting You
04 Discipline
05 Echoplex
06 Head Down
07 Lights In The Sky
08 Corona Radiata
09 The Four Of Us Are Dying
10 Demon Seed
A cura di Emanuele Brunetto