Dopo la turbolenta fine degli Oasis, Noel Gallagher se l’è presa relativamente comoda rispetto agli altri membri della band (nel frattempo naufragati con i già defunti Beady Eye). Nel tardo 2011 aveva dato vita ad un album (l’omonimo “Noel Gallagher’s High Flying Birds”) che – malgrado parecchie lacune qualitative – aveva trovato un ottimo riscontro di pubblico, costituendo una buona base di partenza per una più che dignitosa carriera solista.
Nonostante questi buoni presupposti, mai avremmo pensato che tre anni e mezzo dopo saremmo stati qui a parlare di un disco così bello e convincente come Chasing Yesterday. È sempre difficile parametrarsi con i nuovi album di artisti che tanto hanno dato in passato: il rischio più ricorrente è quello di parlarne eccessivamente bene, chiedendosi se le stesse canzoni, pubblicate da una band esordiente, avrebbero avuto lo stesso successo e le stesse critiche positive. Se il risultato è più che buono, sorge però il dubbio opposto: cosa avrebbe detto la critica internazionale davanti ad un album di debutto con la qualità di “Chasing Yesterday”, con dieci potenziali singoli su dieci? Sarebbe stato recensito sicuramente meglio rispetto a quel che si legge in giro sul secondo album di Noel Gallagher, dove il freno a mano tirato sui giudizi sembra essere molto diffuso.
Dieci potenziali singoli, dicevamo. Riverman (composizione della quale Gallagher è estremamente orgoglioso) col suo sound rassicurante, delicato e vagamente psichedelico è la perfetta introduzione per questo disco. In The Heat Of A Moment è invece un irresistibile blues danzereccio che ha sfondato anche tra i network radiofonici più commerciali. Le malinconiche The Girl With X-Ray Eyes e The Dying Of The Light non hanno un grandissimo impatto, ma crescono irrimediabilmente ascolto dopo ascolto.
Se tutte queste canzoni si allontanano in modo discreto ma incisivo dal tipico sound Oasis (è questa la carta vincente di “Chasing Yesterday” rispetto all’album precedente), lo stesso non si può certo dire della splendida Lock All The Doors, che ha la forza trascinante e l’efficacia naif delle canzoni del primo Gallagher (quello di “Definitely Maybe” e “Morning Glory”, per intenderci). Il trucco è presto svelato: trattasi di una composizione degli esordi, congelata per più di vent’anni e servita calda in questo disco. La raffinatissima The Right Stuff, impregnata di atmosfere chillout, si divide tra strofe quasi sussurrate (in tal caso la voce del fratello Liam sarebbe stata la classica ciliegina sulla torta) e un imponente ritornello.
Avvicinandosi alla fine del disco, va anche meglio: nella bucolica While The Song Remains The Same (brano più bello dell’album) Noel Gallagher fa scontrare una melodia che sembra uscita dal migliore Burt Bacharach (compositore al quale l’ex ragazzo di Manchester paga insospettabilmente dazio) con un imponente muro di chitarre elettriche che spunta improvvisamente a tre quarti di canzone, dando vita ad un risultato delizioso per l’ascoltatore. L’irresistibile riff di The Mexican (manco a dirlo, sorprendentemente piena di sonorità centroamericane) costituisce un piacevole diversivo nell’album, testimonianza di una certa poliedricità musicale acquisita dall’ex Oasis (senza uscire troppo dal seminato, sia ben chiaro).
La gioiosa You Know We Can’t Go Back con le sue meravigliose strofe è un altro altissimo momento dell’album, che si conclude degnamente con Ballad Of The Mighty I, talentuosa power ballad che vede ospite l’ex Smiths Johnny Marr. Dieci potenziali hit, zero riempitivi: al netto dei pregiudizi positivi e negativi di cui sopra, è questo il risultato – nudo e crudo – di “Chasing Yesterday”, candidato seriamente ad essere uno dei migliori dischi di questo 2015.
(2015, Sour Mash)
01 Riverman
02 In The Heat Of The Moment
03 The Girl With X-Ray Eyes
04 Lock All The Doors
05 The Dying Of The Light
06 The Right Stuff
07 While The Song Remains The Same
08 The Mexican
09 You Know We Can’t Go Back
10 Ballad Of The Mighty I
IN BREVE: 4,5/5