Moral Panic rappresenta per i Nothing But Thieves un progetto molto più ambizioso rispetto ai due precedenti, sia per quanto concerne le sonorità, che pur conservando le basi indie e alt rock si avventurano in territorio sperimentale, incorporando principalmente elementi hip hop e rock elettronico; sia per la stesura delle liriche e le tematiche trattate, che comprendono disordini sociali, perdita di libertà e della propria individualità, il ruolo dei social media e il cambiamento climatico, il tutto avvolto dalla cupa nube di incertezza che avvolge il quotidiano e affligge l’essere umano dei più variegati dolori e preoccupazioni.
Per capire la complessità del nuovo disco del quintetto inglese, è sufficiente entrare nel merito della distopia narrata in Unperson: titolo e terminologie usate nel testo fanno riferimento a “1984” di George Orwell, nel quale le non-persone sono individui che sono stati fatti sparire, come se non fossero mai esistiti, anche solo per aver avuto dei pensieri in opposizione al regime totalitario. Tale azione viene paragonata all’attività compiuta dai social media nel bannare un profilo e cancellarne i contenuti, tirando in causa un altro termine utilizzato da Orwell: il “doublethink”. Il bispensiero, ovvero la capacità di sostenere un’idea e il suo opposto contemporaneamente, in questo contesto viene riferito all’accettazione di internet come un luogo libero, ma dal quale dovrebbero essere rimossi i pensieri impopolari, riducendo così tutti quanti a dei meri cloni.
Influenze pop ed r’n’b dominano l’orecchiabile Is Everybody Going Crazy?, mentre la title track Moral Panic è un climax crescente. Oltre a soffermarsi sull’argomento del cambiamento climatico, traendo ispirazione dal movimento Extinction Rebellion, il riferimento a un “panico morale” può avere molteplici significati: trattandosi di una forma di terrore collettivo ingiustificato, causato spesso da notizie più o meno distorte dai media, si intuisce l’ennesima stoccata nei confronti degli stessi. Traccia ad alta rotazione, la ballad Real Love Song mette in mostra il lato oscuro dell’amore e tutte quelle emozioni che ne derivano, in particolare frustrazione e dolore, menzionando nella prima strofa anche il cantautore Nick Cave, nelle cui canzoni è infatti il connubio tra amore e morte a farla da padrone.
Il modo di cantare adottato dal frontman Conor Mason nella cupa Phobia, i cui toni pesanti mescolano nuovamente dettagli r’n’b, alt pop e rock, trae ispirazione da quello di Billie Eilish e Marilyn Manson; ad essa seguono i ritmi frenetici di This Feels Like The End, il cui ritornello si avvicina ad alcuni dei cavalli di battaglia del quintetto appartenenti a “Broken Machine” (2017). Si susseguono poi le chitarre dell’incoraggiante Free If We Want It, le melodie indie rock/pop della sentimentale Impossible e la caleidoscopica There Was Sun: tre brani che rischiarano e alleggeriscono momentaneamente l’atmosfera, infondendo finalmente un po’ di speranza dopo la narrazione precedente. Il rush finale è lasciato alla più politica e aggressiva Can You Afford To Be An Individual?, che si abbatte come un ciclone contro Trump e i suoi sostenitori ed è caratterizzata da una struttura tipica dell’hip hop, e ai toni a metà tra il trionfale e l’arrendevole della riflessiva Before We Drift Away.
La fitta trama narrativa tessuta in “Moral Panic” eleva i Nothing But Thieves a ben più di una pura e semplice band in grado di sfornare pezzi efficaci e di portata popolare. Si tratta di un album politico a tutti gli effetti, nel quale è resa manifesta l’urgenza di riappropriarsi della propria identità, scegliendo di staccare per un attimo la spina da tutto; impossibile da ignorare, grazie all’impronta personale apportata da Conor Mason e soci, forse ancora un po’ timida, ma che inizia a dare i suoi frutti.
(2020, Sony)
01 Unperson
02 Is Everybody Going Crazy?
03 Moral Panic
04 Real Love Song
05 Phobia
06 This Feels Like The End
07 Free If We Want It
08 Impossible
09 There Was Sun
10 Can You Afford To Be An Individual?
11 Before We Drift Away
IN BREVE: 3,5/5