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Nothing – The Great Dismal

Miscelare sapientemente post-hc e shoegaze è cosa per pochi: i Nothing in questo sono sicuramente tra i migliori. The Great Dismal poggia maggiormente sulla componente nu gaze, che si sposa bene con i testi asciutti di Dominic Palermo, incentrati su tematiche esistenzialiste, e pur avendo dei chiari riferimenti sia nell’uno che nell’altro genere musicale, riesce a superarli agevolmente creando qualcosa di nuovo.

L’inizio del disco è scandito dai tempi dilatati e dall’atmosfera leggera dell’introspettiva A Fabricated Life, nella quale le parole di Dominic sono accompagnate in principio da una chitarra lontana, cui si aggiungono gradualmente l’arpa di Mary Lattimore e la musicista classica Shelley Weiss, per poi ingranare definitivamente con i giri di batteria dell’ipnotica Say Less. In essa, tra riverberi e distorsioni, si possono udire dei samples appartenenti al vecchio jingle di un (inquietante) servizio riguardante lo shopping.

I riff di chitarra sono i principali protagonisti di April Ha Ha, brano dal testo minimale il cui sound tiene in sospeso l’ascoltatore, celando al suo interno numerose influenze nineties (senza svelarle), e funge da anticamera per le tracce migliori dell’album, la gradevole Catch A Fade, unica canzone a essere stata scritta da Palermo insieme alla new entry Doyle Martin (Cloakroom),e l’esplosiva Famine Asylum. Negli U.S.A. è consuetudine associare un personaggio famoso come nome in codice per un dato tipo di droga, per questo motivo, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, Bernie Sanders non ha soltanto una valenza politica: echi e riverberi ruotano intorno al tema della cocaina.

I dieci minuti che vedono susseguirsi In Blueberry Memories e Blue Mecca formano un climax discendente sempre più lento e rumoroso. I toni si rialzano gradualmente nelle battute finali riservate alle ben poco fiduciose Just A Story e Ask The Rust, il cui titolo strizza l’occhio al celebre romanzo di John Fante, “Ask The Dust”. Con poche parole acuminate, le tracce mettono la parola fine a sogni e prospettive di un mondo così come era stato immaginato.

Il quarto lavoro dei Nothing si dimostra migliore del suo predecessore “Dance On The Blacktop” (2018). La prima parte di “The Great Dismal” è più efficace rispetto alla seconda, che a tratti tende a perdersi in qualche ripetizione di troppo, salvata tuttavia dai testi risicati e precisi di Palermo e dall’abile alternanza di parti melodiche, leggere e più pesanti. Lascia dietro di sé un grande senso di amarezza, un monito che sembra pendere sulle nostre teste come una spada di Damocle, la cui percezione appare amplificata in questo 2020 oscuro e senza fine.

(2020, Relapse)

01 A Fabricated Life
02 Say Less
03 April Ha Ha
04 Catch A Fade
05 Famine Asylum
06 Bernie Sanders
07 In Blueberry Memories
08 Blue Mecca
09 Just A Story
10 Ask The Rust

IN BREVE: 4/5

Martina Vetrugno
Studentessa di ingegneria informatica, musicofila, appassionata di arte, letteratura, fotografia e tante altre (davvero troppe) cose. Parla di musica su Il Cibicida e con chiunque incontri sulla sua strada o su un regionale (più o meno) veloce.