Questo omonimo Omosumo si lancia ancor più giù per l’impervio crinale elettronico, con i synth che la fanno da padroni da cima a fondo dei trentatré minuti di durata dell’album. Ma, come si diceva, quella degli Omosumo è un’impostazione elettronica che ha riferimenti ambiziosi: In cielo come gli angeli e Sui tramonti di Seth, ad esempio, tradiscono complicate puntate ai Radiohead del nuovo millennio; Forse no ha beat che sarebbero tranquillamente potuti nascere dall’incontro fra SOHN e Moderat, così come Un po’ di te ha qualcosa della più recente ondata post dubstep.
I testi, lontani dalla stancante immediatezza tutta italiana, fanno il paio con una certa vena lisergica che attraversa l’intero lavoro e che trova l’apice in Sei rintocchi di campane, non a caso assimilabile agli ultimi Verdena. C’è un immaginario filo conduttore che unisce le nove tracce e che le rende un unico fluido che scorre via senza soluzione di continuità, supportato da intrecci chitarristici che, sebbene nascosti da strati sintetici, palesano spesso un piglio piuttosto heavy (è il caso di Poco prima di andare).
Pur non avendo aggiunto nulla al panorama electro-pop, il fatto stesso che ci si trovi qui a confrontare il lavoro degli Omosumo con quello di alcuni dei nomi più in vista a livello globale, fa della band e del loro secondo album una delle innegabili gemme di questo 2016 tricolore.
(2016, Malintenti Dischi)
01 Madre blu
02 In cielo come gli angeli
03 Un po’ di te
04 Poco prima di andare
05 Sei rintocchi di campane
06 Tornerà la polvere
07 Forse no
08 Sui tramonti di Seth
09 Sulle rive dell’est
IN BREVE: 4/5