Gli Oneida si sono spinti oltre. Oltre le forme convenzionali, oltre il concetto stesso di rock. Hanno sposato la causa del kraut più visionario e intransigente, hanno reciso gli ultimi filamenti che li legavano al sound degli esordi e si sono trasformati in un’autentica abrasione cerebrale. Mettere a confronto oggi “Each One Teach One” con Absolute II significa dare un’occhiata prima alla foto di un buontempone sorridente e poi passare a quella scattata dalla scientifica sul suo cadavere carbonizzato. Due band totalmente diverse, due modi di concepire la musica diametralmente opposti. La sperimentazione del trio di Brooklyn è oscura e opprimente con strutture sfrondate, ridotte a scheletrici magma senza melodie. Solo Pre-Human offre un tema distinguibile – o è forse una scoria nucleare che somiglia a un tema – reiterato con ostinazione in un pulsare che ricorda i padrini Faust. Già dalla copertina inumana si dovrebbe presagire da che razza di creatura strisciante e viscida si verrà risucchiati. In questo terzo e ultimo atto della trilogia battezzata con “Preteen Weaponry” le tavolozze da cui gli Oneida attingono hanno l’acre odore di incensi psichedelici, come nell’ultradrogata stasi di Horizon che contempla il sole mentre si sgretola e dissemina piccole scaglie incandescenti per l’intero universo. L’unico innesto vocale, che è proprio in “Horizon”, è un rito ascensionale scaturito da un’overdose di peyotl, un’allucinazione sonora che si dirige verso un mondo nascosto. Con Gray Area si va ben oltre la psichedelia, oltre il kraut. Ci si avvicina pericolosamente al confine che separa la nostra realtà da quella agghiacciante di Khanate e Sunn O))), con le scariche di chitarra che frustano il buio, come se tonnellate di ferro cadessero in una cavità abissale sbattendo sulle pareti e producessero eco strazianti: sul finire i colpi di intensificano e i denti stridono. La title-track di chiusura è pura solitudine cosmica, corpi esanimi fluttuano sempre più distanti nello spazio, si allontanano, spariscono. “Absolute II” è l’estremismo secondo gli Oneida che, senza sparare decibel dagli ampli come degli assatanati, generano un caos interiore difficile da esprimere. È musica estrema, senza dubbio, ma non chiamatelo rock.
(2011, Jagjaguwar)
01 Pre-Human
02 Horizon
03 Gray Area
04 Absolute II
A cura di Marco Giarratana