Iniziamo subito col dire che il ritorno sulla scena, questo Two, è degno del loro nome. Si parte in sordina, è il caso di dirlo, con Four Works Of Art…, brano che ricorda i migliori Black Rebel Motorcycle Club. Proprio da loro sembrano rubate ritmica di batteria e feedback di chitarre e, se non fosse per l’alternanza di cori in falsetto, potremmo scambiare i “nuovi” Owls per i “vecchi” B.R.M.C. che ripetono “I Know, I Know” all’infinito. I bellissimi cori del primo singolo dell’album I’m Surprised… fanno sì che entri subito, diretto, nelle nostre cavità auricolari come farebbe uno dei Beatles o degli R.E.M., con le dovute proporzioni s’intende. E’ un brano che lascia davvero sopresi per la qualità e la facilità della melodia che progredisce in un finale da breakdown. Vi ritroverete sicuramente a canticchiarla, se non subito, al secondo ascolto.
Gli Owls hanno una peculiarità, riescono con appena un po’ d’ingegno a mettere l’ascoltatore a suo agio nella miriade di stop and go, tempi in levare e chitarre rifrangenti. Il seguito dell’album tende verso lidi più alternative e art-rock oriented, The Lion… è un brano strutturato sulla ritmica, con continui sali e scendi di chitarra e sezione ritmica; sembra portarci in una giungla la cui fine non si riesce a scorgere, a bordo di una barca che si fa spazio ondeggiando tra bestie feroci ed enormi alberi. Why Oh Why… è la traccia che meno provvede a portare nuove idee e soluzioni all’interno del sound della band, ma basta una riga come “It’s cute how you assume / Your experience of the world is the world” a tenere la qualità del disco su livelli alti.
L’attitudine emo non è chiaramente “visibile” nell’album, ma in brani come This Must Be How… è palesata la componente più intimista del songwriting di Tim Kinsella, rimarcato dagli arpeggi della chitarra di Victor Villareal. Il lavoro al basso di Zurick è un vero work of art, in Ancient Stars Seed… ha una struttura molto potente che funge quasi da tavolo divisorio tra chitarra e batteria, permettendo alla voce di banchettare come nei migliori matrimoni; in It Collects Itself… la linea di basso sembra rubata agli Slint di “Spiderland”, così come le chitarre sognanti, che finiscono per infrangersi contro muri di gomma e prendere la strada inversa. E’ anche il brano più lungo dell’album ed è giusto notare come le soluzioni delle voci non siano mai banali, sempre alla ricerca di un diverso modo di intendere l’armonia con la chitarra.
Il trittico finale testimonia come gli Owls abbiano una grande capacità di ingegno: Oh No, Don’t… e A Drop Of Blood… sono la degna conclusione di un album che riesce a spaziare con facilità in quasi due decadi di alt-rock e attitudine emo-pop, trovando nuove idee per un futuro all’insegna del “work of art”.
(2014, Polyvinyl)
01 Four Works Of Art…
02 I’m Surprised…
03 The Lion…
04 Why Oh Why…
05 This Must Be How…
06 Ancient Stars Seed…
07 It Collects Itself…
08 I’ll Never Be…
09 Oh No, Don’t…
10 A Drop Of Blood…
IN BREVE: 3/5