Gli americani Parquet Courts godono oramai di ottima fama, specialmente in territori underground “colti”. Il loro mood ha pressappoco rinfrancato quei tessuti “alt” che man mano erano sfioriti sotto il giogo nerdy di tante band apparentemente sinergiche del niente. Tornano con un buon disco, Human Performance, direttamente collegabile al loro stupendo album del 2014, quel “Sunbathing Animal” che gli consegnò lo scettro e la piena notorietà anche ben oltre confine.
Quattordici brani, quattordici modi di reinterpretare il rock attraverso il suo imperversare storico dentro la Big Apple, dove il quartetto è cresciuto e ha formato il proprio istinto musicale. Anni ‘80/’90, lazzi di anni zero e molta inflessione da racounteurs per un disco che riporta in avanti un suono (tanti suoni) ispiratissimo e indimenticabile se colto al volo.
Centellinando la tracklist ritroviamo gli eroi di sempre, dai Velvet Underground agli Strokes, dai Fugazi ai Pavement passando per i distorsori allucinati dei Sonic Youth, tutte immaginazioni concatenate che rendono l’ascolto del registrato magnetico e insaziabile. Tracce come l’arabeggiante Dust, lo schizzo epilettico di Paraphrased, l’andatura snella che favorisce il tex-mex dentro Berlin Got Blurry e il profumo punkies emanato dalla scattante Pathos Prairie non fanno altro che innalzare la febbre cronica che questa band trasmette da un po’ di tempo a questa parte. Contagiosi al Massimo.
(2016, Rough Trade)
01 Already Dead
02 Dust
03 Human Performance
04 Outside
05 I Was Just Here
06 Paraphrased
07 Captive Of The Sun
08 Steady On My Mind
09 One Man No City
10 Berlin Got Blurry
11 Keep It Even
12 Two Dead Cops
13 Pathos Prairie
14 It’s Gonna Happen
IN BREVE: 4/5