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Pete Astor – Spilt Milk

spiltmilkUn indie pop spalmato su retaggi folk questo di Pete Astor, che lima, ritaglia e rifinisce forme già note ma lo fa con la classe di quei musicisti che riescono a spandere armonia elegante con incredibile facilità.

Il nuovo Spilt Milk (il primo per la Slumberland) è per l’artista inglese il punto focale della sua carriera e, senza indugi o vizi tali da contestare il lotto, si può decretare che il disco anche senza vette da imbandierare si stende su linee d’ascolto gradevoli, brani collanti di semplicità e morbidezza che scivolano via dolcemente, magari in un pomeriggio di pioggia affogato dentro una tazzona di bollente tè alla vaniglia. Dieci brani coccolosi, chitarre garbate, odori byrdsiani in Perfect Life, movenze à la Plantman in My Right Hand, Dear Wareham in Very Good Lock, stimoli di Americana in superficie ed essenze beatlesiane nel profondo di Really Something o Mr. Music.

Un disco che – e si percepisce – non sta cercando nulla di nuovo ma preferisce rotolarsi giocosamente in un passato glorioso, come a testimoniarne lunga vita e straordinaria attualità a dispetto degli anni. Pete Astor dosa e rielabora gemme stilistiche sonore col pedigree che in tanti chiamano revivalismo e ai quali si può rispondere solo con un “echissenefrega” altrettanto sonoro.

(2016, Slumberland / Fortuna Pop!)

01 Really Something
02 Mr. Music
03 My Right Hand
04 Perfect Life
05 The Getting There
06 Very Good Lock
07 Good Enough
08 There It Goes
09 Sleeping Tiger
10 Oh You

IN BREVE: 3/5

Max Sannella
Giornalista e critico musicale da tempo, vivo nella musica per la musica, scrivo di suoni, sogni e segni per impaginare gli sforzi di chi dai sistemi sonori e dalle alchimie delle parole ne vuole tirare fuori il ritmo vitale dell’anima.