Il furibondo hype che sta accompagnando Familial è indubbiamente dovuto alla provenienza artistica del suo creatore Philip Selway. Abbandonati momentaneamente sgabello, bacchette e tamburi di quella macchina delle meraviglie che di nome fa Radiohead, postosi con umiltà dietro un microfono con in braccio una chitarra, lo schivo e timido Philip non poteva non dare alla luce una raccolta di canzoni che sottolineassero l’anima malinconica ed introversa della sua concezione sonora. “Familial” non sbalordisce per creatività, tanto meno per le orchestrazioni, piuttosto essenziali, così come per le strutture di composizioni che assumono l’aspetto di acquerelli distanti chilometri e chilometri dal caos urbano e che non insistono in lungaggini (anzi, a volte pare che svaniscano anzitempo) o si avvalgono di complesse architetture. A coadiuvare il nostro in questo esordio autografo ci sono esponenti di spicco del cantautorato contemporaneo, si vedano Lisa Germano alle backing vocals, Pat Sansone dei Wilco, nonché il bassista dei colpevolmente dimenticati Soul Coughing – per chi non ne fosse a conoscenza, band da riscoprire immediatamente – Sebastian Steinberg (e nello schiudersi di The Tide That Blind Us la sua firma si sente, eccome). Non ci sentiamo di lodare un lavoro che non decolla mai verso altitudini da capogiro, va però detto che “Familial” risulta, alla resa dei conti, un lavoro onesto e fluido, senza rilevanti picchi emotivi, senza capolavori. E’ evidente che sia il prodotto finale di un puro svago creativo che non ha alcuna pretesa di rivoluzionare una tradizione compositiva che ha in Nick Drake, Leonard Cohen e John Martyn insuperabili maestri. Rispetta quindi ogni passo del copione questa serie di ballate soffuse che ha in By Some Miracle, Beyond Reason, The Ties That Blind Us e Don’t Look Down i momenti migliori. Dall’esigua durata, trentadue minuti scarsi, “Familial” è una buona colonna sonora per una passeggiata al parco o una salutare domenica in campagna in sostituzione del disumano pascolare come manzi dallo sguardo spento al centro commerciale, lontani dal brusio claustrofobico della città, ma è del tutto irrilevante da un punto di vista squisitamente artistico. Consigliato ai tuttologhi dei Radiohead, tutti gli altri potrebbero non lasciarsi rapire da un album senza troppa infamia, ma senza neanche eccessiva lode.
(2010, Nonesuch)
01 By Some Miracle
02 Beyond Reason
03 A Simple Life
04 All Eyes On You
05 The Ties That Blind Us
06 Patron Saint
07 Falling
08 Broken Promises
09 Don’t Look Down
10 The Watching Hour
A cura di Marco Giarratana