Non è da tutti prendere di petto cose come il mercato che si sfigura, la crisi del disco, le altalene culturali, il filesharing dilagante. Anzi in molti, tra gli artisti d’oggi, si sono ingarbugliati cercando il bandolo della matassa. Non ultimo il caso di Lily Allen che aveva aperto un blog in difesa del copyright ed è stata costretta a chiuderlo perché sovrastata dagli “appunti” del popolo del Web. In questo momento di passaggio, solo la grande saggezza vince. Guardare alle tecnologie con curiosità, ma non farsi inghiottire. Cavalcare il fenomeno telematico, senza essere sballottati dal toro meccanico. I Piano Magic sono tra quelle band sempre padroni della situazione. Hanno iniziato indipendenti e moriranno indipendenti: una specie di motto per il combo londinese. Lo ha confermato il leader Glen Johnson nell’intervista a Il Cibicida: “La crisi non ci colpisce – ci ha detto – Noi abbiamo autofinanziato i nostri dischi per molti anni. E’ necessario operare nei propri standard economici”. E in effetti Glen è uno che ha sempre rispettato questo teorema. Lo scorso aprile ha pure scritto ai suoi fan su MySpace per chiedergli una sovvenzione per realizzare uno dei suoi progetti musicali. Non solo, disegna a mano, confeziona e spedisce personalmente i compact disc, usa Twitter e i social network. Ed è nel mondo (sempre meno) virtuale che è entrato in contatto con Peter Ulrich e Brendan Perry dei Dead Can Dance. E’ bastato qualche messaggio privato, qualche telefonata e un pugno di canzoni da finire. Nasce così Ovations, il nuovo disco della saga Piano Magic. Immaginatevi la scena: Johnson che maneggia le sue elettroniche, la band che mette su le parti elettriche e poi arriva lui, Brendan Perry. Una voce profondissima, un’aura magnetica, il genio in poche pennellate di timbro. La fascinazione del suo contributo entra in maniera diretta nelle due ballate crepuscolari The Nightmare Goes On e You Never Loved This City (davvero, davvero magnifiche), ma ci sentiamo di dirlo, anche in tutta la tracklist come fosse un fluido magico che inzuppa i pezzi. Vedi, in particolare, in brani comeThe Blue Hour e A Fond Farewell dove una strumentazione “blue” e uno splendido arcaismo ci riportano direttamente all’esperienza dei “morti danzanti”. Ma c’è dell’altro. Intanto qualche fumo di Inghilterra anni ‘80: Recovery Positione The Faint Horizon sembrano uscire dalle casse dell’Electric Circus di Manchester con quei ritmi malati. L’elettronica sperimentale a cui Johnson si dedica nei suoi progetti solisti (On Edge, La Cobardía De Los Toreros), i suoni tipicamente Piano Magic (Exit) e poi quel pezzo, March Of Atheists, scritto da Johnson insieme ad Ulrich, che è una decisa presa di posizione sulla fede. La summa compone un album eccelso, raro. Che alterna nuvole e pioggia, ma che non nasconde la luce della grazia. Disco dell’anno? Sì.
(2009, Make Mine Music)
01 The Nightmare Goes On
02 March Of The Atheists
03 On Edge
04 A Fond Farewell
05 The Blue Hour
06 Recovery Position
07 La Cobardía De Los Toreros
08 You Never Loved This City
09 The Faint Horizon
10 Exit
A cura di Riccardo Marra