Il duo formato dal cantautore Evan Stephens Hall e dal batterista Zack Levine è tornato con un album dalle sonorità folk: intimo, introspettivo, essenziale e senza troppi fronzoli, la cui maggior nota di merito va ai testi del frontman, risulta però eccessivamente appesantito da un senso di malinconia persistente che non lo rende fruibile a tutti. Tali influenze sono sicuramente dovute al recente passato di Hall, finito nell’occhio del ciclone a causa delle molestie nei confronti di una fan. Tracce come Dotted Line e la breve Spiral in apertura, le chitarre di Moment e l’autobiografica Phase risollevano le sorti di Marigold, riuscendo ad alleggerirlo un po’. Nonostante ciò, da metà in poi risulta irrecuperabilmente calante, arrivando alla chiusura in dissolvenza con la title track, brano strumentale di maggior durata di cui, a onor del vero, non si sentiva tutta questa necessità. Nel complesso si tratta di un buon tentativo per rimettersi in carreggiata, con la sicurezza di potersi però aspettare decisamente molto di più in futuro.
(2020, Rough Trade)
01 Dotted Line
02 Spiral
03 The Alarmist
04 No Drugs
05 Moment
06 Hairpin
07 Phase
08 Endless
09 Alcove
10 Neighbor
11 Marigold
IN BREVE: 3/5