Per i Pontiak giunge la meritata consacrazione. Dopo i rodaggi con i sei dischi precedenti, tra cui l’eccellente “Echo Ono” del 2012, i fratelli Carney non arrestano la costante crescita compositiva. Non stanno riscrivendo la grammatica di un genere, lo psych-stoner, ormai cristallizzato nei suoi paradigmi, stanno solo dimostrando che per suonare musica cazzuta non bisogna per forza “inventare” qualcosa. Innocence ha i fuzz, le abrasioni timpaniche, la produzione polverosa e vintage, ha tutte le carte in regola per essere un must.
La partenza è spinta dall’impeto degli Stooges con una tripletta che non lascia scampo, la title-track, Lack Lustre Rush e Ghosts (questa è qualcosa di cattivissimo tra Queens Of The Stone Age e Jon Spencer Blues Explosion) sfilano in appena otto minuti e spingono già “Innocence” verso la promozione. Ma i Pontiak calano un altro tris subito a ridosso, stavolta di brani più lenti, vere e proprie ballad che guardano ai Pink Floyd di “Meddle” e “Final Cut”: la somiglianza d’atmosfera in Noble Heads è impressionante.
La band torna a premere l’acceleratore fino alla fine (con breve sosta in Darkness Is Coming) coi pachidermici passi di Surrounded By Diamonds, l’assalto à la Kyuss di Beings Of The Rarest e il basso ipnotico di We’ve Got It Wrong, che sembra venuta fuori dai migliori Porno For Pyros.
E’ innegabile che i Pontiak abbiano trovato la loro definitiva cifra stilistica costruendo un disco dove ogni cosa è al suo posto, con canzoni sempre più essenziali, libere da inutili protesi strumentali che annacquerebbero il sugo, qui invece denso e di un rosso vivo. E a noi, quando mangiamo, piace insozzarci la canotta.
(2014, Thrill Jockey)
01 Innocence
02 Lack Lustre Rush
03 Ghosts
04 It’s The Greatest
05 Noble Heads
06 Wildfires
07 Surrounded By Diamonds
08 Beings Of The Rarest
09 Shining
10 Darkness Is Coming
11 We’ve Got It Wrong
IN BREVE: 3,5/5