Poi sei anni di silenzio, intervallati da una raccolta di rarità varie, fino a questo Where Are You Now che segna il ritorno della band ligure. Com’era immaginabile, il quarto disco dei Port-Royal è tutto fuorché un passo indietro, anzi: l’iniziale Death Of A Manifesto nasce e muore con echi space e dreamy, ma nel mezzo esplode in tutta la sua forza dance pop, che a spizzichi e bocconi è poi la rotta dell’intero lavoro, vedi l’electro à la Ladytron di Alma M. e vari altri momenti sparsi qua e là.
Del passato fatto di post rock chitarristico è rimasto ormai ben poco, solo i climax alternati delle strutture di alcuni brani (Theodor W. Adorno) e certa verve shoegaze poco inquadrabile (The Man Who Stole The Hype), mentre è piuttosto del versante ambient che i Port-Royal hanno fatto perno della loro discografia, con un brano come Ain’t No Magician a fare da fil rouge.
Fra i droni siderali di Tallinn, l’incedere techno di Karl Marx Song e la stupenda acustica di Heisenberg (principale punto di contatto con le atmosfere degli esordi), ciò che a primo acchito non convince sono i lunghi tempi morti: col procedere dell’ascolto, però, si finisce col comprenderne il senso, necessarie camere di decompressione di un album altrimenti troppo prolisso e che invece ci restituisce una delle poche formazioni italiane dal respiro davvero internazionale.
(2015, n5MD)
01 Death Of A Manifesto
02 Theodor W. Adorno
03 Ain’t No Magician
04 Alma M.
05 The Last Big Impezzo
06 Tallinn
07 The Man Who Stole The Hype
08 Whispering In the Dark
09 Karl Marx Song
10 Heisenberg
IN BREVE: 3,5/5
Grande delusione. Un Minestrone di suoni, troppi sapori. Il risultato a mio rischia di rimanere sullo stomaco. Certi passaggi sono scontatissimi , hanno perso la capacità di dipingere dei delicati quadretti sonori ricchi di colori , contrasti, ma molto lontano dalla gigioneria di questo lavoro. Un passo falso. 2/5
Come hai potuto intuire dalla recensione non sono molto d’accordo con la tua valutazione, soprattutto quando parli di mancanza di sfumature. Anche se, per mia propensione personale, anche io preferisco un disco come “Flares”.