Arrivano quindi sulla soglia del terzo album generando una certa attesa tra i seguaci del fango in musica, un po’ tutti col cagotto per il timore che facciano la fine di Mastodon, Baroness e Kylesa (le cui ultime prove lasciano abbastanza a desiderare).
Tutt’altro che ammorbiditi dall’hype e dal successo di pubblico crescente, i quattro di Portland mettono sul piatto undici canzoni zozze e ruvide che ti s’incrostano addosso. La rozzezza però non sempre combacia con una perfetta riuscita negli intenti. Non stiamo dicendo che Whales And Leeches (già titolo della nona traccia dell’esordio del 2009) sia un disco brutto o mediocre, no. Diciamo solo che le buone intenzioni di partenza potevano essere meglio sviluppate.
Blood Like Cream esemplifica al meglio il concetto: parte a razzo, irresistibile nella sua irruzione garage-punk, ma cade malamente nel ritornello, che sembra star lì perché di meglio non è venuto in testa a nessuno. Questo stesso discorso è applicabile ad altri episodi della tracklist: No Hope, Crows In Swine (irriverente nel suo inselvaggire la lezione dei Melvins), This Animal. Tutti brani potenzialmente in grado di radere al suolo un palazzo, ma che non rifilano la zampata letale. Le cose vanno nettamente meglio in canzoni più compatte come l’opener caterpillar Doen, negli accessi alla Entombed di “Uprising” di 1516, nell’incalzante Behind The Light.
La roba in assoluto migliore sta invece a metà e alla fine. Sta in Dawn Rising, che parte dimenandosi come gli High On Fire per poi distendersi in uno slabbrato e oscuro doom-core in cui svetta la voce corrosiva di Mike Scheidt degli Yob. Davvero un gran colpo questo. Sta nel blues bradicinetico di Failure, con quella linea vocale maleducatissima. Sta nel finale di Every Little Twist, in grande spolvero melodico e in cui rinverdiscono i fasti dei pezzi forti del repertorio del gruppo.
Però, ci si conceda una chiosa da maestrini da quattro soldi. Pur restando convinti che la creatività debba fregarsene delle regole dei teorici – il più delle volte artisti falliti – c’è una regola che reputiamo inviolabile se si vogliono scrivere delle canzoni con la C maiuscola (quelle con strofa e refrain ben definiti): il ritornello è l’acme di un brano, come intensità e fascino deve stare sopra tutte le altre parti. Concetto che si deve applicare in tutti i gerghi musicali, dal pop più becero al metallo ultraviolento. E invece il grande neo dei Red Fang di “Whales And Leeches” è proprio quello di profondere un sacco di energia all’inizio, per giungere spompati e senza idee quando c’è da mollare il calcio sulle gengive. Su questa faccenda, i Clutch di “Crucial Velocity” hanno parecchio da insegnare un po’ a tutti.
(2013, Relapse)
01 Doen
02 Blood Like Cream
03 No Hope
04 Crows In Swine
05 Voices Of The Dead
06 Behind The Light
07 Dawn Rising
08 Failure
09 1516
10 This Animal
11 Every Little Twist