Non è facile esprimere pienamente il significato di Unlimited Love, di un nuovo disco dei Red Hot Chili Peppers. Dei Red Hot Chili Peppers con John Frusciante, il quale per me, come per molti altri appassionati del gruppo, aveva sempre rappresentato un passato e mai un presente. Invece, per la prima volta, ho potuto sperimentare anch’io l’attesa del dodicesimo album di studio della formazione che più ha segnato la storia della band, e che ha creato pietre miliari della storia della musica. Le aspettative potevano essere alte, ma al tempo stesso già le premesse avrebbero potuto accontentare il pubblico. “Unlimited Love” è, prima di tutto, una dichiarazione d’amore del gruppo verso se stessi, un album realizzato per soddisfare le proprie aspettative, prima di quelle degli altri.
L’inizio di Black Summer è rassicurante: il primo singolo rilasciato che già ben conosciamo, che presenta tutti gli elementi redhottiani del caso, quasi “fan-service”, com’è stato giustamente suggerito nei numerosi scambi di opinione nella community. Black Summer sembra prenderci per mano ed accompagnarci all’ascolto del disco per assicurarci che i Red Hot Chili Peppers, così come li abbiamo conosciuti per anni, sono tornati. Ciò che segue è invece tutt’altro che rassicurante. Parte Here Ever After, con una linea di basso suonata eccezionalmente dal batterista Chad Smith; dalle strofe emerge immediatamente un Kiedis rinvigorito, anzi, l’intero gruppo sembra ringiovanito di almeno dieci anni. E questo vale più o meno per tutto il corso dell’album. È questa la prima sensazione che ho provato, che ho capito quando ho ascoltato i primi pezzi: si riesce a sentire una verve nuova, la verve di un album sudato, jammato, nato direttamente dalle improvvisazioni nella sala di registrazione come ai vecchi tempi, sotto la direzione attenta ma non autoritaria di Rick Rubin (storico produttore dei capolavori “Blood Sugar Sex Magik” del ‘91 e “Californication” del ‘99, fra gli altri) che sostanzialmente li guida, ma lascia loro carta bianca. La spontaneità di “Unlimited Love” risulta evidente già a questo punto della tracklist, ma siamo solo all’inizio.
Ciò che è chiaro è che i Red Hot Chili Peppers fanno ciò che gli pare e piace. Il funk che a loro piace. E ci riescono bene: sfido chiunque a non ancheggiare a ritmo di Aquatic Mouth Dance, a prescindere da dove la stiate ascoltando: in auto con i finestrini abbassati, in camera con le cuffiette, sotto la doccia, dallo stereo a palla (tutte modalità consigliate, comunque). Persino Not The One, il pezzo più debole dell’album, sembra trovare il proprio posto all’interno della tracklist, inserito sapientemente in funzione di intermezzo di due brani decisamente più ritmati, che correggono e bilanciano l’atmosfera altrimenti troppo piatta della ballad. È naturale chiedersi il motivo per il quale questa sia stata scelta come terzo estratto prima del rilascio ufficiale del disco; forse per sorprendere ulteriormente le aspettative dei fan? Perché, nel mio caso, ha sicuramente funzionato.
Come promesso, Poster Child rialza i toni: un brano rilasciato dopo Black Summer, che personalmente mi aveva fatto ben sperare in merito alla direzione artistica che avrebbe intrapreso il gruppo. Poster Child è una raffica di nomi, citazioni innumerevoli di gruppi e artisti, una serie di frasi un po’ alla maniera di “Can’t Stop” corredati da un bellissimo intreccio Flea-Frusciante e, soprattutto, un bridge dall’aria di altri tempi che forse costituisce l’elemento preferito di una canzone che ho ascoltato in ripetizione per settimane. Spoiler: non sarà l’unica.
L’hype esagerato, ma più che giustificato, per l’uscita di “Unlimited Love” è dovuto principalmente ad un tale chitarrista di nome John Frusciante. Inutile ricordare la relazione di amore-odio (si fa per dire) che ha contraddistinto la sua esperienza con il gruppo, ma se vi occorresse un reminder sappiate che questa è la seconda volta che rientra nella formazione, dopo una pausa di ben dieci anni e due album di studio. Quasi a prova che certi legami, nonostante la corrosione del tempo e delle vicissitudini personali, sono troppo forti per essere spezzati. L’assolo di The Great Apes è esattamente il motivo per cui ai fan è mancato tanto Frusciante. Un pezzo dalla chitarra più imponente rispetto ai precedenti ascoltati finora, che meglio si riaggancia alla produzione del 2006. Da ricordare anche i cori di Frusciante, importanti sia nell’esecuzione dei live che nella registrazione, come in It’s Only Natural, brano leggero dal particolare cantato del ritornello e dall’esecuzione strumentale “naturale”.
Nonostante ciò, non è John Frusciante il “protagonista egocentrico” dell’opera; al centro di “Unlimited Love” si trovano tutti e quattro i peperoncini, che dimostrano di aver ritrovato l’alchimia giusta per produrre un disco alla vecchia maniera, ma con una consapevolezza matura, frutto di anni di esperienze sia collettive che soliste, nel caso di John. Anche perché diciamocelo: non è un solo membro della formazione a poter fare una differenza così sostanziale. O meglio, può innestarla, ispirarla, ma la spinta deve provenire dai singoli strumenti (voce inclusa) per far sì che possano creare un’armonia e una coesione che crei un suono unico, dove l’individualità risalta solo al fine di un “bene” superiore e collettivo.
L’album è pieno di passaggi che entrano in testa dal primo ascolto, come She’s A Lover ed il suo ritornello dalle lyrics semplici ma efficaci e facili da ricordare (anche per l’istintivo, probabilmente non voluto, rimando alla “Lovefool” dei The Cardigans che è impossibile non sentire). Il singolo presentato in concomitanza al rilascio ufficiale del disco è These Are The Ways, una scelta non scontata, a mio parere; un singolo dai riferimenti americani nel ritornello, cantato da un Kiedis stile “Stadium Arcadium”, supportato dalla carica travolgente di Chad Smith e dalla chitarra heavy nel finale. Si torna ad un suono più funk, come conferma già dal titolo, con Whatchu Thinkin’, col ritmo cadenzato della melodia vocale, accompagnato da un assolo che suona quasi improvvisato.
I ritornelli, talvolta punto debole di diverse tracce del gruppo, sono invece molto buoni nella lunghezza di questa tracklist. Particolare in questo senso è Bastards Of Light, introdotta da un sintetizzatore; la voce modificata del bridge mi ricorda le strofe di album come “The Uplift Mofo Party Plan” (1987). Certo è che devono essersi riascoltati dischi come “Freaky Styley” (1985) e magari anche “One Hot Minute” (1995), considerati alcuni rimandi ai primi suoni della band come in One Way Traffic. Continuo ad amare le scelte di un cantato rinnovato, a tratti più rappato, che in quest’album spesso riporta Kiedis allo stile che più gli si addice. I Red Hot sembrano aver ritrovato le proprie origini, dopo un lungo percorso di crescita e maturazione. Si discostano dal resto delle tracce la precedente cavalcata finale di White Braids & Pillow Chair e Veronica, dove la voce interpreta quella di diversi personaggi femminili.
Let ‘Em Cry è un altro dei motivi per i quali non riesco a non apprezzare “Unlimited Love”. L’intro ricorda “If You Want Me To Stay”, brano degli Sly & The Family Stone che i Chili Peppers avevano reinterpretato ed incluso proprio in “Freaky Styley”. La voce sembra avere una maggiore padronanza; la tromba diventa un gioiellino, e non una forzatura. Probabilmente rappresenta una delle mie tracce preferite dell’album (“probabilmente” perché sono sicura che cambieranno spesso), perché conferiscono ad esso esattamente le atmosfere vintage che in questa fase cercavo da loro, da un gruppo che ha sempre saputo sperimentare e attingere da diverse ispirazioni musicali. The Heavy Wing è invece una vera miniera d’oro per i fan di Frusciante, prima che dei Red Hot in sé, e basta arrivare al minuto 1.28 per capirlo. Il ritornello interamente cantato da John è quasi un omaggio alla sua prolifica carriera solista, ai fan che particolarmente a lui si erano affezionati, al suo nuovo, improvviso ed inaspettato ritorno. La conclusione, Tangelo, una ballad acustica dalle innegabili ispirazioni beatlesiane. Degno di nota il testo che, lo ammetto, non mi ha negato dei brividi lungo la schiena. Per non farci mancare nulla.
“Unlimited Love” è stato un disco tanto atteso, molto chiacchierato, oggetto delle speculazioni più varie e disparate, così come le aspettative che lo circondavano. Per fortuna ha saputo reggere il confronto e ha dimostrato di essere all’altezza delle loro potenzialità, misurate ed adattate per inserirsi correttamente in un percorso lungo quasi quarant’anni. Per questo reputo “Unlimited Love” un album maturo e consapevole del proprio vissuto, considerati i riferimenti al passato, e del proprio presente, consci delle capacità, dei pregi da valorizzare, dei propri limiti e, soprattutto, della voglia che, dopo tanto tempo, ancora hanno di suonare e stare insieme.
(2022, Warner)
01 Black Summer
02 Here Ever After
03 Aquatic Mouth Dance
04 Not The One
05 Poster Child
06 The Great Apes
07 It’s Only Natural
08 She’s A Lover
09 These Are The Ways
10 Whatchu Thinkin’
11 Bastards Of Light
12 White Braids & Pillow Chair
13 One Way Traffic
14 Veronica
15 Let ‘Em Cry
16 The Heavy Wing
17 Tangelo
IN BREVE: 4/5