È piuttosto evidente come, a partire dal volontario allontanamento dello storico batterista Bill Berry, gli R.E.M. non abbiano più brillato per ispirazione, uscendo con lavori coraggiosi ma sufficienti (“Up”, 1998), mediocri (“Reveal”, 2001), scarsi (“Around The Sun”, 2004) o semplicemente anonimi (“Accelerate”, 2008). Qualche tentativo di riciclarsi tuffandosi in territori sonori non proprio in linea col proprio percorso, un po’ di ostentato spirito da teenager che forse era meglio tenere a bada e qualche accenno di “protesta” che, però, poco ha avuto a che vedere con quegli anni ’80 in cui gli R.E.M. scoccavano davvero dardi infuocati contro politici e politicanti.
Soprattutto, una continua riproposizione di quei cliché che avevano segnato in modo indelebile l’underground americano prima e il mercato mainstream poi, rispettivamente nel periodo I.R.S. e in quello milionario sotto la Warner. Ed è questa l’accusa che la band di Athens ha dovuto combattere più spesso dal ’98 in poi, additati di puntare solo al denaro, ai sold out negli stadi e alle classifiche, infischiandosene di provare quantomeno ad avvicinarsi ai fasti di un passato da incorniciare. Oggi, anche alla luce del nuovo Collapse Into Now, è una certezza granitica come il sound degli R.E.M. sia talmente unico e standardizzato da far apparire qualsiasi loro produzione come una continua − sebbene piacevolissima − auto-clonazione. Ma siamo sicuri che Michael Stipe e soci si limitino a riproporre pedissequamente sempre la stessa formula cambiando solo qualche impercettibile ingrediente? O piuttosto sono questi gli R.E.M. e così devono necessariamente suonare, conformi e fedeli a nessun altro se non a loro stessi?
La questione è piuttosto chiara, perché Überlin e Oh My Heart sembra di averle già sentite chissà dove, forse da qualche parte tra un “Document” (1987) e un “Out Of Time” (1991), perché Blue è una novella “E-Bow The Letter” con tanto di Patti Smith nuovamente accanto a Stipe alla voce, perché Discoverer, il brano cui è affidata l’apertura dell’album, ha più di un qualcosa di “Monster” (1994) e basta ascoltare le chitarre graffianti poste circa a metà traccia per rendersene conto. Un campionario di rimandi che dà all’intero lavoro un aspetto così familiare da lasciare piacevolmente colpiti, come se dietro al bancone ci fosse il nostro pasticciere di fiducia, colui che non ci servirebbe mai un babà troppo secco o troppo umido ma che, in fin dei conti, potrebbe anche svecchiare le proprie ricette una volta tanto, giusto per accattivarsi nuovi e vecchi clienti. Un campionario che comunque, nonostante l’innegabile ripetitività, riesce ancora a mettere i brividi in certi frangenti, perché queste atmosfere gonfie e carnose sono dopo oltre trent’anni appannaggio quasi esclusivo del trio georgiano.
Gli R.E.M. puntano sull’usato sicuro, questo è ovvio, e lo fanno affidandosi anche a nomi di tutto rispetto nelle vesti di guest: oltre alla già citata Sacerdotessa del Rock, infatti, fanno capolino i vocalizzi di Eddie Vedder nel finale di It Happened Today e la voce della canadese Peaches nei controcanti dell’energica Alligator_Aviator_Autopilot_Antimatter (quest’ultima tra i brani più convincenti). “Collapse Into Now” è per una formazione come gli R.E.M. un album decisamente ordinario, non porterà nuovi fan né scalerà le personalissime classifiche di chi li ascolta e li segue da sempre. Ma a volte si ha bisogno di sentirsi a casa, di certezze, di non saltare nel vuoto con ascolti azzardati. E loro, quelle volte, ci sono sempre.
(2011, Warner)
01 Discoverer
02 All The Best
03 Überlin
04 Oh My Heart
05 It Happened Today
06 Every Day Is Yours To Win
07 Mine Smell Like Honey
08 Walk It Back
09 Alligator_Aviator_Autopilot_Antimatter
10 That Someone Is You
11 Me, Marlon Brando, Marlon Brando And I
12 Blue
IN BREVE: 3/5