Se solo volesse, Robert Plant avrebbe a completa disposizione una miniera di diamanti da sfruttare fino alla fine dei suoi giorni, una miniera rispondente al nome Led Zeppelin che gli altri due superstiti della formazione, Jimmy Page e John Paul Jones, rimetterebbero in pista oggi stesso. Lui no, lui non s’è mai voluto guardare alle spalle, rifare ciò che ha già fatto solo per accontentare i fan o gonfiarsi un altro po’ il portafogli. Plant è andato avanti e continua a farlo indefessamente da quel giorno che John Bonham se n’è andato.
Ed è per questo che un album come Carry Fire, secondo con i Sensational Space Shifters e undicesimo tassello complessivo della sua discografia solista, non fa altro che irrobustire ancor di più la sua immagine di ricercatore di sonorità che di volta in volta lo ha accompagnato in giro per il mondo alla ricerca di spunti e suggestioni. In “Carry Fire” di rock vecchio stampo ce n’è molto poco, quello è un mondo che Plant pare aver abbandonato per sempre: qui a farla da padrone è il folk di matrice celtica, un songwriting classico che pesca nelle radici della cultura statunitense e che solo in pochissimi passaggi riprende il blues tanto caro all’ex Led Zeppelin (vedi Carving Up The World Again… A Wall And Not A Fence).
Anche dal punto di vista vocale, piatto forte della casa, da tempo molto è cambiato: Plant non è più un diavolo urlatore che si pavoneggia in falsetti e acrobazie. L’età ha fatto la sua parte, è chiaro, ma ci piace pensare che la sua sia una scelta precisa, attuata per allinearsi a moderne visioni sonore che lo hanno portato fino ai confini del trip hop in Bluebirds Over The Mountain, cover di uno standard rockabilly degli anni ’50. Non si può non riconoscere come il risultato gli dia pienamente ragione, Plant riesce comunque a essere evocativo e profondo senza mai eccedere in virtuosismi.
Fra i musicisti rimasti in piedi di quella generazione d’oro che sconvolse gli anni ’60, Robert Plant si conferma ancora una volta, sulla soglia dei settant’anni, uno dei più arguti e attenti osservatori delle evoluzioni che lo circondano, capace di non sconfessare se stesso senza per questo essere ripetitivo o puzzare tristemente di naftalina. La storia la si fa anche così.
(2017, Nonesuch / Warner)
01 The May Queen
02 New World…
03 Season’s Song
04 Dance With You Tonight
05 Carving Up The World Again… A Wall And Not A Fence
06 A Way With Words
07 Carry Fire
08 Bones Of Saints
09 Keep It Hid
10 Bluebirds Over The Mountain
11 Heaven Sent
IN BREVE: 3,5/5