“Chissà cosa ne pensa Roger Waters”. Non so voi, ma in questi lunghi anni di silenzio è una domanda che mi è balenata spesso nella mente. George W. Bush, l’11 Settembre, il terrorismo nella sua Londra e in giro per il mondo, la mai risolta questione palestinese, la minaccia nucleare, il clima, i rifugiati, Donald Trump e tutto il campionario di brutture che ogni giorno ha tinto e continua a tingere di nero le pagine dei giornali e i servizi dei TG.
Cosa ne pensa Waters? Perché, a parte qualche sporadica dichiarazione e/o intervista, l’ex Pink Floyd era in silenzio da un quarto di secolo, una pausa enorme dall’unico modo che ha sempre avuto per esprimersi: la musica, soprattutto le parole a questa abbinate. Lui che ci aveva abituati al suo costante e puntuale commento sull’attualità. Lui che i muri li ha abbattuti per tutta la vita e che non è mai stato tenero con i bulli politicanti di turno, né con le multinazionali, le banche e più in generale chiunque tenga o abbia tenuto in scacco le sorti dell’umanità. Ecco, quel Waters c’è mancato tantissimo e quindi questo Is This The Life We Really Want? ha assunto un po’ le sembianze di una sibilla, facendoci credere che sarebbero arrivate tutte in una volta le risposte alle domande che avremmo voluto porgergli.
Non è così, o quantomeno non del tutto. Il Waters del 2017 ha un quadro chiarissimo del mondo che lo circonda ma anche e soprattutto di se stesso. I fantasmi del passato sono sempre lì ma più sbiaditi, quasi invisibili a un occhio meno attento, Waters più che combatterli cerca piuttosto il modo di conviverci, usando l’unica arma a sua, a nostra disposizione: l’amore. Sì, il Waters del 2017 è finito a fare il sentimentale ma ovviamente non nel senso banalizzante che si potrebbe pensare: lo fa nel finale, con Wait For Her e Part Of Me Died (intervallate dalla breve Oceans Apart), che dipingono con piano e acustica il ritratto di un uomo di 73 anni che forse ha trovato il modo di vedere un po’ di bene anche quando tutto sembra annegare nel male.
Waters snocciola alla sua maniera i testi, con quell’incedere che è più parlato che cantato, mantiene alta la tensione con la title track che ha la rabbia dei vecchi tempi (e la voce di Trump nell’intro), si fa Dio e drone (o Dio Drone) in Déjà Vu imponendo in entrambi i casi la sua visione dall’alto, torna indietro alla Seconda Guerra Mondiale e smonta il sogno americano in Broken Bones, il tutto con il cinismo tagliente e ferale di un’intera vita artistica.
Non c’è la chitarra al centro dei paesaggi sonori di quest’album: non c’è ovviamente David Gilmour, non c’è Eric Clapton, non c’è Jeff Beck e nessun altro dei virtuosi della sei corde susseguitisi al suo servizio nel corso degli anni. Qui c’è Nigel Godrich, uno che è diventato ciò che è diventato (se colpevolmente non lo sapete, date una sbirciata su Wikipedia) lavorando con quelli che in tanti considerano i nuovi Pink Floyd, ovvero i Radiohead: il produttore ha supportato le visioni di Waters con la sua abilità nell’intarsiare le texture sintetiche e nell’utilizzo del pianoforte, vero protagonista strumentale del disco.
L’eco dei vecchi lavori firmati da Waters si sente in più passaggi, vedi il ticchettio dell’orologio nell’iniziale When We Were Young (crediamo non serva citare il brano di riferimento), The Last Refugee con quella ritmica e le aperture che suonano “The Wall”, oppure Picture That che ha qualcosa delle derive progressive dei Pink Floyd, o ancora Smell The Roses che pesca atmosfera da “Wish You Were Here”. Ma è tutt’altro che fastidioso, dà sicurezza, segna punti di contatto fra il ieri e l’oggi, rende l’insieme un discorso ripreso da dove lo si era lasciato interrotto, solo attualizzato in quanto a intenzioni e realizzazione tecnica.
Non siamo – inutile dirlo – alla stregua di “The Wall” e neanche dell’ultimo “Amused To Death” (un vero capolavoro forse un po’ sottovalutato), ma “Is This The Life We Really Want?” è un disco bellissimo e profondo, di quella profondità che è possibile trovare solo in chi s’è talmente arrovellato le meningi da essere finito ad avere la necessità di cercare, finalmente, un po’ di pace. Non l’ha trovata al 100% neanche adesso, Waters, quella pace, ma il tentativo c’è e in qualche modo potrebbe aiutare anche noi.
(2017, Columbia)
01 When We Were Young
02 Déjà Vu
03 The Last Refugee
04 Picture That
05 Broken Bones
06 Is This The Life We Really Want?
07 Bird In A Gale
08 The Most Beautiful Girl
09 Smell The Roses
10 Wait For Her
11 Oceans Apart
12 Part Of Me Died
IN BREVE: 4,5/5