La Fuzz Club Records propone un’altra pubblicazione prima con questo LP di debutto dei Routine Death, brand new project dei coniugi Lisa e Dustin Zozaya (Holy Wave), nato e cresciuto in una condizione molto particolare, dato che i due abitano rispettivamente a Goteborg, Svezia (Lisa) e Austin, Texas (Dustin).
Parallel Universes è un titolo in questo senso azzeccato per un disco che si è sviluppato secondo un iter lavorativo che era chiaramente inconcepibile solo fino a pochi anni fa, ma che è oggi un sistema consolidato la cui particolarità in questo caso sta solo nel fatto che la collaborazione abbia a oggetto una coppia divisa da 7.000 miglia. A parte questo, per la verità non ci troviamo davanti a nessuna proposta particolarmente originale, dieci tracce riconducibili a un’estetica tipicamente indie e costruite su basi minimali che Dustin ha spiegato di avere realizzato ispirandosi a quelli che sarebbero stati i metodi di lavorazione di RZA dei Wu-Tang Clan.
Ma il sound di “Parallel Universes” chiaramente non ha niente in comune con i Wu-Tang Clan e si ispira idealmente a esperienze come quella dei Suicide di Martin Rev e Alan Vega, ma poi alla fine suona più come una ripetizione a bassa fedeltà di pattern e schemi tipici della darkwave (vedi il suono del basso di Charm Tooth, il suono tagliente di Salvaged Denim) e un’elettronica glitch che è in qualche modo accattivante e alla portata del pubblico anche più generalista del panorama indie contemporaneo.
A partire da Life Inside A Vacuum, una certa attitudine garage si mescola a sonorità che ricercano di compiersi in una sorta di sciamanesimo transumanista, dove le suggestioni sono date per lo più dalla voce di Lisa (Star Alliance, Charm Tooth, Belong) e amplificate chiaramente da un ampio ricorso a eco e riverberi. Tra i richiamati riferimenti alla wave e forme di elettropop minimalista come Heart & Soul, le formule compositive più pop dei Moon Duo (The Impossibility Of Paying Our Debts, Parallel Universes), il momento più interessante consiste in Star Alliance, che potrebbe persino rievocare il fantasma dei Massive Attacl.
Ma la resa del disco sul piano complessivo è veramente banale e segna un altro mezzo passo falso da parte della Fuzz Club, che dopo una certa continuità di proposte interessanti, che hanno segnato il boom della neo-psichedelia in Europa, adesso ricerca nuovi modelli che possano farle superare quella definizione di etichetta di genere e magari ampliarne l’audience di riferimento.
Si tratta chiaramente di una scelta specifica e che potrebbe rivelarsi fruttuosa, ma il valore specifico di determinate proposte è veramente discutibile. Dietro un certo compiacimento per le registrazioni composte su smartphone come forme alternative e inedite, ma di cui sinceramente non ci importa veramente niente (questo non costituisce una discriminante), si cerca di mascherare una totale mancanza di contenuti, ma non ci vuole nessun talento particolare per scoprire la verità.
(2018, Fuzz Club)
01 The Anteroom
02 Life Inside A Vacuum
03 Star Alliance
04 Diamonds
05 Parallel Universe
06 Charm Tooth
07 Salvaged Denim
08 The Impossibility Of Paying Our Debts
09 Heart & Soul
10 Belong
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