E risorsero dalle ceneri. A sorpresa. Non che ci volesse molto dopo una prestazione tanto opaca come quella offerta col precedente “Station”, ma è un riscatto artistico in tutto tondo quello dei Russian Circles. Ai quali, in un periodo di ristagno della scena post-rock/post-core che non pare vedere vie che le permettano di uscire dall’impasse in cui s’è cacciata, è tornata improvvisamente la voglia di spingere su quei dannati distorsori. E allora non possiamo che compiacerci della quasi inattesa vena sludge di Fathom, che ha quel basso talmente distorto che sembra lì lì per scavare un fosso sotto i nostri piedi. Non più cadenze narcolettiche, ce l’hanno finalmente tagliata anche coi soliti giri post-rock che in dischi di Mogwai e parentela assortita abbiamo ascoltato centinaia, se non migliaia e per non dire milioni di volte. Ora si tirano fuori riff abrasivi, si veda la cascata di lava di Malko. Ora si accelera il passo costruendo telluriche impalcature in sostegno ad un vigore che non è plastica ostentazione. Invero non ci attendevamo un tale colpo di coda da una band che davamo per deceduta dopo solo due dischi. Mai dire mai, vien da dire, e Geneva è qui per confermare il detto. Esplorano campi sonori ancora inediti nel loro corredo genetico i tre musicisti di Chicago. La vena descrittiva di Melee è viva e tratteggia un cielo rossastro che si stria di blu elettrico e di toni intermedi di verde smeraldo in un cielo dove s’intravedono già le prime stelle del tardo pomeriggio di prima estate. Interamente strumentali come lo sono sempre stati, i Russian Circle si affiancano ai bravissimi Long Distance Calling nel ruolo di punte di diamante di un genere ormai rimasto orfano dei Pelican, in agonia creativa da almeno due album a questa parte. Tant’è che la title-track rispolvera proprio i Pelican, ma quelli ispirati, quelli degli sporchi esordi, quelli capaci di scrivere un pezzo carrarmato come “Mammoth”. Ed è tutto dire. Mentre Hexed All ammicca alla nostalgia autunnale dei Mono, When The Mountain Comes To Muhammad è la contemplazione di un grande evento spirituale che sta per sopraggiungere e Philos è una continua intersezione di frequenze in un campo magnetico venutosi a creare proprio in mezzo le nuvole. Chi doveva dircelo che i Russian Circles sarebbero tornati in questo modo? Avremmo potuto ipotizzare la resurrezione di questa band che davamo per spacciata dopo la noia cosmica propinataci con “Station”? Chi lo sa. Nel dubbio ci atteniamo ai fatti, ci atteniamo alla loro rinascita.
(2009, Suicide Squeeze)
01 Fathom
02 Geneva
03 Melee
04 Hexed All
05 Malko
06 When The Mountain Comes To Muhammad
07 Philos
A cura di Marco Giarratana