In alcune note del comunicato stampa che hanno anticipato l’uscita di Deafman Glance, quinto lavoro di Ryley Walker, è palese l’intenzione dell’artista di allontanarsi dalle precedenti catalogazioni che lo avevano marchiato a fuoco con uno stile folk, fatto di jamming e improvvisazioni.
Il cantautore ha voluto stavolta una struttura più rigida per le nove tracce dell’album, che gli permettesse di essere meno teso durante le perfomance live, precisando come nel corso delle sessioni di registrazione avesse ascoltato quasi soltanto i Genesis. Quest’ultima considerazione non deve indurre necessariamente il pubblico ad aspettarsi una virata radicale dello stile folk-jazz-rock di Walker. Come per “Golden Sings That Have Been Sung” (2016), l’album vede la co-produzione e collaborazione con tastiere e chitarre di Leroy Bach, ex Wilco. “Deafman Glance” è un disco strano, è lo stesso Walker ad ammetterlo, ma non molto vicino a influenze prog rock, se non per un paio di eccezioni.
Analizzando alcune caratteristiche dell’album si fa strada il pensiero che Walker abbia volutamente sfruttato le composizioni più recenti per liberarsi dalle sue inquietudini personali, passate e presenti, a cominciare dal titolo (“Deafman Glance – Opera del Silenzio” è una rappresentazione teatrale drammatica di Robert Wilson, non proprio adatta a un pubblico giovanissimo, che Walker scoprì all’età di sette anni). Le contaminazioni aumentano rispetto al passato, a Tim Buckley, Nick Drake e Van Morrison ora si aggiungono le armonie vocali di Eddie Vedder in “Into The Wild” e alcuni riff rimandanti ai Jethro Tull, il tutto intervallato da interludi atonali (Telluride Speed).
Opposite Middle e 22 Days passano da un accenno di prog rock a shuffle jazzati in tempi troppo repentini per consentire un ascolto consapevole. I testi sono criptici e personali, perlopiù contraddistinti da un’ironia abbastanza sagace: si avverte l’amore/odio nei confronti di Chicago, da cui si allontanerebbe volentieri per raggiungere In Castle Dome, paese sperduto in Arizona, il desiderio di una vita senza debiti in Accomodations o le imprecazioni contro il “fottuto tasso” di cambio in Expired. Can’t Ask Why e Rocks On Rainbow, semplici linee folk, spiccano per la loro facilità di ascolto e definizione.
“Deafman Glance” è un lavoro instabile e poco lineare, cui è demandato il compito, non facile, di interpretare il mutamento stilistico di Ryley Walker, ma rimane comunque un disco elegante nella sua discontinuità. Solo il tempo potrà decidere se l’impossibilità di catalogarlo finirà per penalizzarlo o diverrà un punto di forza.
(2018, Dead Oceans)
01 In Castle Dome
02 22 Days
03 Accommodations
04 Can’t Ask Why
05 Opposite Middle
06 Telluride Speed
07 Expired
08 Rocks On Rainbow
09 Spoil With The Rest
IN BREVE: 2,5/5