Esistono genitori ingombranti e genitori importanti. Quelli che “con la chitarra non ti guadagnerai mai da vivere” e altri che invece “ho contattato il management degli U2 per proporvi come supporter; sono dei ciarlatani ma vi faranno avere un po’ di visibilità”. I genitori dei fratelli Wilkinson erano così, importanti e discretamente eccentrici. Everything Was Forever, ottavo album della band inglese e primo sotto un nome non battente bandiera britannica, arriva a cinque anni di distanza da “Let The Dancers Inherit The Party” (2017) e dopo la vittoria di un BAFTA per la colonna sonora di “Disco Elysium”.
Da sempre, i Sea Power si divertono, con grande serietà, a rimescolare le carte in tavola. Stavolta però, fanno molto di più: celebrano l’eloquente potere del non visto, lo splendore della complementarietà; istigano al perdono del nostro lato oscuro e lo fanno con un agglomerato di tracce in cui l’elemento melodico seduce senza mai essere del tutto pulito. Un post rock sporco di atmosfere sinistre che si esprime liberamente senza mai svelarsi del tutto.
L’essenza dei coniugi Wilkinson si materializza prima sotto forma di un gesto, quello del padre Ronald che celebrava tutto con due dita di alcool in Two Fingers; poi, si trasforma nelle campagne lunari del Lake District e nei suoni ultraterreni di Lakeland Echo. Snocciolando i testi, risalgono in superficie creature mostruose e primordiali (il Leviatano in Two Fingers, il Doppelganger nell’omonima traccia, l’indole ottusa di Folly) che in realtà non sono altro da noi stessi: il lato oscuro, razzista, scorretto, accentratore che crediamo nessuno sia in grado di scoprire mai.
Se “Everything Was Forever” è un bel lavoro dal punto di vista sonoro lo deve anche al suo doppio volto, un gemello cattivo che impedisce al dream pop di Fire Escape In The Sea di sognare appieno, che esalta le sbavature lente di Scaring At The Sky e rende tormentati pezzi elettrizzanti come Doppelganger e Transmitter.
“Everything Was Forever” è l’esaltazione del paradosso fino alla fine, quando si scopre a cosa si riferisce il titolo (che appare per esteso in altro in Folly): uno scritto di Alexei Yurchak (“Everything Was Forever, Until It Was No More”), noto per aver trattato gli svariati paradossi dei cittadini sovietici durante gli ultimi anni di vita dell’URSS (sic!). “One morning you are gonna wake up in a different world”, ripetono in Folly. Come dargli torto quando poi un giorno a caso potrebbe essere proprio questo.
(2022, Golden Chariot)
01 Scaring At The Sky
02 Transmitter
03 Two Fingers
04 Fire Escape In The Sea
05 Doppelganger
06 Fear Eats The Soul
07 Folly
08 Green Goddess
09 Lakeland Echo
10 We Only Want To Make You Happy
IN BREVE: 3,5/5