Capita, ogni tanto, come per magia, che il mondo dell’hype porti a riva con le sue violente onde qualcosa di buono, di non ammuffito, di non devastato. Di vivo, insomma. Gli Shins di (solo) James Mercer, sono tutti nuovi, dato che Mercer ha serenamente cacciato tutti gli ex compari (non che contassero alcunché, immagino) e l’ex etichetta (la leggendaria Sub Pop), ma l’hype che li ha portati a riva è vecchia storia: Zach Braff ed il suo Garden State, il funerale di Heath Ledger (!!!), The OC, rinomato campionario di indie band da portare in gloria, le collaborazioni con i due Mouse (Danger & Modest)… insomma, onde forti e violente. Dicevamo, Mercer ha deciso di trovare qualcosa di nuovo e ha calato le carte: il palesemente indie dei tre album precedenti cede il passo ad uno smaccatamente pop che non lascia dubbi. Produzione (e lavoro strumentale) scintillante di Greg Kurstin (leggere il curriculum dell’uomo per credere) e pezzi da fischiettare in doccia per questo Port Of Morrow; la voce di Mercer, oggettivamente bella e limpida, passa in primissimo piano, abbandonando gli echi e le retrovie indie. Come fece Cobain ai suoi tempi, ma con maggiore malizia del biondino, Mercer spiattella il pop radiofonico sulla faccia di tutti, smussa gli angoli e cerca la gloria, come se il Grammy Award del 2007 non fosse bastato, in culo agli indie, alla comunità , alla finta indipendenza. Ci mette l’elettronica di supporto (Bait And Switch) e la ballatona melodicamente devastante (September), ma il fulcro dell’album sono i pezzi midtempo come It’s Only Life o il singolone Simple Song, quei brani che in radio fanno la loro porca figura e che costringono a canticchiarli tutto il giorno: è inammissibile lasciare lo scettro della radiofonicità ad un gruppo di mediocri come i Coldplay, fatevi avanti, santa miseria. E’ bello, peraltro, vedere che di questa maledetta musica indie tutta uguale ne incominciano ad avere le scatole piene anche gli interpreti, e che virino sullo smaccatamente pop è ancora meglio, hai visto mai che riportiamo le spogliarelliste ai locali di spogliarello, invece che sulle vette delle classifiche mondiali. Non un capolavoro, ma un buon disco, piacevole, fresco, ascoltabile… tanto basta.
(2012, Columbia / Aural Apothecary)
01 The Rifle’s Spiral
02 Simple Song
03 It’s Only Life
04 Bait And Switch
05 September
06 No Way Down
07 For A Fool
08 Fall Of ‘82
09 40 Mark Strasse
10 Port Of Morrow
A cura di Nicola Corsaro